sabato 10 febbraio 2024

Perchè Sanremo è Sanremo...


La porta finestra, da cui si gode questo spettacolo, 50 anni fa chiudeva un salotto con un tavolo e le sue sedie indescrivibili e un mobile di una certa importanza, bellissimo, unico testimone di quando m'impaurii per i denti troppo neri riflessi nel suo specchio dopo un'abbuffata corsara ed esagerata di confetti matrimoniali. Adesso si trovano in c.da Pidocchio, fuori Canicattì, provincia d'Agrigento (i mobili, non i miei denti che lascerei volentieri a Canicattì a mangiare la buonissima salsiccia sottile di lì).

Ma dalla stessa porta finestra potevi ammirare San Giovanni, o le prime pendici dell'altopiano ibleo che sovrastano Comiso, suonando un pianoforte che è ancora qui stasera davanti a me.

Non dimentico il divano e le due poltrone grandissime per me bimbo, ragazzo, adolescente, giovane (insomma, finché non ho iniziato ad allargarmi), che ormai riempio senza fatica a Scoglitti.

Forse, però, dimentico altro di quel salotto di 50 anni fa che non aveva la televisione come è invece qui stasera davanti a me.

50 anni fa la tv, ovviamente in bianco e nero, senza telecomando, funzioni smart, canali infiniti, era nella stanza accanto, la cucinasaladapranzo (tutto unito, per risparmiare spazio perché 6 adulti, ancora oggi, hanno problemi a starci dentro insieme in movimento).

Non so se mia mamma 50 anni fa era in cucina davanti alla finale in bianco e nero di Sanremo '74 (1° classificata Iva Zanicchi con Ciao cara come stai?), come lo è ancora qui stasera in salotto due posti più in là dal mio che occupo con un vistoso giro vita.

So che 50 anni fa ero io, ad occhi chiusi, ad allargare, poco o tanto, il suo girovita da dentro, con i miei esili e brevissimi circa 6 mesi fetali.

Mentre in salotto, con i mobili attuali e il pianoforte tutti a filo di parete per renderlo sala per le feste varie di mia nipote, oggi lei con l'energia dei suoi 7 anni prende la rincorsa dalla tv, accesa su questa serata finale di Sanremo 2024, per comprimere saltando il mio giro vita.

Perché Sanremo è Sanremo e dopo non so quanti anni e anni mi ritrovo a vedere invitato a una serata Sanremo seria, per di più in famiglia (roba da preistoria)... e nella casa dove tutto è iniziato e Myriam e Ludovica continuano.

martedì 14 novembre 2023

Vita da zio/1

Promemoria per i freddi e duri anni dell'adolescenza.

Il primo novembre, mentre stava scendendo le scale a Scoglitti per tornare a Vittoria, ha ripetuto a sua madre quanto detto pochi minuti prima nel momento in cui veniva chiamata: "Con lo zio Luca ci divertiamo troppissimo".

venerdì 7 aprile 2023

Oggi, venerdì santo...

...è finita!

Anche se ti chiami Gesù di Nazaret e sei figlio di Giuseppe il carpentiere che raccontava di angeli vari inviati per il tuo concepimento e per farti nascere.

Anche se tua Madre è Vergine, senza peccato originale e ha parlato con l’arcangelo Gabriele.

Anche se sei Dio.

Tutto finisce, se decidi di diventare uomo, che per definizione prima del concepimento non esiste e con la morte ritorna a non esistere; se ti fai uomo ed entri nella storia, che è fatta di tempo che scorre inesorabilmente.

Anche se parli d’amore e compi gesti d’amore, come hai fatto Tu.

Dove sono ora i tuoi amati discepoli, i tuoi ciechi guariti, i tuoi sordi sanati, i tuoi lebbrosi purificati, i tuoi morti risuscitati?

Cosa ha insegnato agli adolescenti degli anni 70 e 80 la tragica conclusione di Love story?

Cosa ha trasmesso cantare dal 1977 in poi strofe come “E chissà se prima o poi/Se tu avrai compreso mai/Se ti sei voltata indietro/E chissà se prima o poi/Se ogni tanto penserai/Che io solo resto qui”; o dal 1993: “Chissà se tu mi penserai/Se con i tuoi non parli mai/Se ti nascondi come me/Sfuggi gli sguardi e te ne stai/Rinchiuso in camera e non vuoi/Mangiare/Stringi forte a te il cuscino/Piangi non lo sai/Quanto altre male ti farà la solitudine”?

E le coppie perfette che finiscono a lotte atroci in tribunali sulla pelle dei figli? E le malattie e le calamità che sembrano risucchiare nei loro buchi neri di sofferenza e angoscia proprio l’amore, a volte ancora fresco e tenero come i fiori nuziali o del battesimo, di un giovane matrimonio o di una giovane genitorialità?

Tutto finisce, anche l’amore!

Tutto finisce, anche il potere di chi Ti ha condannato a morte, quel Pilato che nel 36 d. C. scompare dai libri di storia senza lasciare più tracce di lui, richiamato a Roma per un ricorso (e Napoleone, Mussolini, Hitler, Stalin cosa saranno sempre più se non pagine ingiallite di storia?); anche i sotterfugi criminali della casta dei sommi sacerdoti che ti ha ostinatamente voluto crocifisso e che dopo qualche decennio, nel 70 d. C, con la distruzione del Tempio di Gerusalemme sparirà dalla vita del popolo ebraico, lasciandolo senza poter offrire più nulla a Dio.

È finita, Gesù!

Anche se noi come tutti gli anni abbiamo già organizzato i pranzi di Pasqua già per il giorno prima (abbiamo fretta… ci fa paura, troppa paura la morte. Non la sappiamo più nominare!), le uova di cioccolato, gli auguri, le gite e le abbuffate di pasquetta… è finita ognuna di queste cose prima che incominci, perché abbiamo il bisogno già di proiettarci verso l’altra (chi non ha già almeno un paio di idee per il 25 aprile, il primo maggio…?).

Mi manca il respiro se penso che 50 anni fa io non ero nemmeno un sogno di giovane donna che si immaginava mamma e fra 50 anni (o forse già fra un anno, un mese, un giorno) saranno finite tante, troppe realtà che vivo come se ci fossero e dovessero durare per sempre, la mia vita compresa. È questo strazio che ha vissuto tua Madre, questa oppressione che dai polmoni senz’aria come pugno violento giunge allo stomaco fino a diventare macigno sul cuore e in profondità artiglio e flagello che lacera l’anima?

È questo dolore che ha attraversato il cuore del tuo discepolo amato mentre ascoltava i tuoi rantoli sulla croce con i quali dicevi di aver sete? Come il nostro dolore assetato per l’assenza dei nostri nonni, genitori, amici la cui morte ci inquieta, ci rende gli occhi umidi e diventa presenza ingombrante di un vuoto alla bocca dello stomaco? Vuoto inquieto di amori, ancora una volta, spezzati e finiti…

È finita, Gesù!

Ma Tu, ostinato, mentre tutto finisce e si spezza, continui a creare legami d’amore: “Ecco tuo figlio… Ecco tua madre…” (Giovanni 19, 26.27).

Cos’è questo dare speranza ai mortali? Cos’è questo rilanciare la vita, gli affetti, i legami, gli amori a chi non riesce a viverli compiutamente? Perché prolungare ciò che farà soffrire e darà tormento? La tua ostinazione non è malvagità che illude gli uomini? Cosa pensi di compiere così?

“È compiuto”, Tu dici (Giovanni 19, 30), come i nostri antichi contadini siciliani maestri di giardini colorati di aranci e mandarini e limoni: “Cuncìu lu fruttu!” e ora lo possiamo spaccare e mangiare e godercelo come se fosse una passione d’amore!

“È compiuto”, Tu dici (Giovanni 19, 30), non: “È finita!”, come se il tuo essere spaccato sulla croce e mangiato nell’Eucarestia sia una passione d’amore che passa dall’albero alla bocca di chi lo mangia.

“È compiuto”, Tu dici (Giovanni 19, 30), per questo mentre muori ricrei legami d’amore che adesso non saranno più mortali frutti dei limiti umani perché potranno contare sul dono maturo del Tuo Spirito (Giovanni 19, 30).

“È compiuto”, Tu dici (Giovanni 19, 30), per questo ti fai seppellire in un giardino (Giovanni 19, 41), come seme già “cunciutu” dall’amore e dal perdono per la raccolta.

“È compiuto”, Tu dici (Giovanni 19, 30), lasciandoci increduli davanti alla gioia che niente finisce davvero se può maturare in Te, passando da inquietudine e dolore a pacificazione e amore, da male a bene.

“È compiuto”, Tu dici (Giovanni 19, 30), invitandoci a purificare lo sguardo e a vedere non il sepolcro nel giardino, ma il giardino che contiene il sepolcro, non la morte, ma le possibilità nuove che contiene il morire come seme in un giardino.

“È compiuto”, Tu dici (Giovanni 19, 30), inviandoci come maestra di questa purificazione la Maddalena.

“È compiuto”, Tu dici (Giovanni 19, 30), per sempre, una volta in più di ogni volta del nostro pensare che tutto finisce e del nostro dire che ormai è finita!

giovedì 2 marzo 2023

40 passi... circa! Passo 7

Quando il silenzio di ieri cerca di non trasformarsi in disperazione frustrata e rassegnata, può chiedere aiuto alla prima lettura di oggi:


Ester ci insegna a pregare non per fuggire dalla storia, ma per vivere nella storia affrontando le nostre responsabilità, affidandoci all'Unico che è più forte e più grande di tutta la storia umana. 



mercoledì 1 marzo 2023

40 passi... circa! Passo 6

Shhh...

Idealmente apri le braccia e muto e zitto e silenzioso abbracciali.

Tutti, non solo quelli buoni per le polemiche politiche euro-italiche.

Tutti, bimbi e adulti che non ci sono più perché l'ultima Pasqua non riusciamo a intravederla ancora e la storia umana sembra in piena notte.

E muto e zitto e silenzioso, nell'abbracciarli tutti, naufraghi, terremotati, bombardati, profughi, malati, abbandonati, apri gli occhi e contempla l'orizzonte.

Il buio s'incrina, impercettibilmente.

Grazie al tuo abbraccio, risposta all'Amore che squarcia la notte.

Fatti chiamare ancora, fatti chiamare ora, fatti chiamare sempre.

Chiamami ancora, Amore!

martedì 28 febbraio 2023

40 passi... circa! Passo 5

Vediamo se gli amici del Classico sono d'accordo.


Anechthe (ho traslitterato bene?), oltre che "fu condotto", può essere tradotto con "fu sollevato", come se il deserto fosse in alto, su un monte.
Monte e deserto: luoghi privilegiati per incontrare Dio.
Ma Gesù li raggiunge perché lascia agire lo Spirito: il protagonista della vita cristiana è Lui, lo Spirito Santo.
Per essere chiari, vita cristiana è ciò che dice l'immenso San Paolo ai Galati, per esempio: Cristo che si forma in noi (cfr. Gal 4, 19)*.
Quindi, lo Spirito non può non essere protagonista della nostra Quaresima. Che ne dite se impariamo ad invocarLo?
Può essere utile imparare almeno un verso di questa antica preghiera:

Vieni, o Spirito creatore,
visita le nostre menti,
riempi della tua grazia
i cuori che hai creato.

O dolce consolatore,
dono del Padre altissimo,
acqua viva, fuoco, amore,
santo crisma dell'anima.

Dito della mano di Dio,
promesso dal Salvatore,
irradia i tuoi sette doni,
suscita in noi la parola.

Sii luce all'intelletto,
fiamma ardente nel cuore;
sana le nostre ferite
col balsamo del tuo amore.

Difendici dal nemico,
reca in dono la pace,
la tua guida invincibile
ci preservi dal male.

Luce d'eterna sapienza,
svelaci il grande mistero
di Dio Padre e del Figlio
uniti in un solo Amore. Amen.**

*Offro una pizza a chi mi dice in quale testo dell'Ac questo verso biblico è usato come titolo.
** Per chi vuole sentirla cantata in gregoriano e in latino: https://youtu.be/HEKuxUOPzk8


domenica 26 febbraio 2023

40 passi... circa! Passo 3

2022-24 febbraio-2023. Un anno di guerra tra russi ed ucraini. Può la nostra Quaresima non diventare un grido di pace? Signore, che sulla croce hai abbattuto l'odio che divide i popolo, donaci la pace, rendici operatori di pace!

http://www.cultura.va/content/cultura/it/organico/cardinale-presidente/texts/famiglia-cristiana-articoli0/il-muro-dell-odio-abbattuto.html

sabato 25 febbraio 2023

40 passi... circa! Passo 2

Questa foto fu fatta di domenica sera e rappresenta una sera di un giorno dopo il sabato di tanti anni fa (https://www.lachiesa.it/bibbia.php?ricerca=citazione&Citazione=Lc+24%2C13-35&Cerca=Cerca&Versione_CEI2008=3 ). A proposito, è il tabernacolo di San Luigi. Al centro si capisce bene chi c'è, ma i due che stanno ricevendo un pezzo di pane direttamente dal Signore potremmo chiamarli con tutti i nostri nomi. Venerdì il loro maestro è morto nel modo peggiore, si sono nascosti e alla fine  hanno deciso di scappare lontano da ogni cosa o persona che ricordasse loro la tragedia di Gesù. Ma Cristo non tradisce: si accosta, cammina con loro, li ascolta, si confronta con le loro ansie e paure e disperazioni... "Resta con noi!", lo invitano alla fine. Resta con noi, Signore, in questo cammino lungo intere settimane. Resta con noi, nel dono del Tuo Corpo e Sangue offerti per noi! https://youtu.be/PUFlAzyWMY4

giovedì 9 febbraio 2023

Di un incontro non previsto e del trasalimento generato

Chissà se vale la pena scomodare Dante e Beatrice, il loro primo e poi secondo incontro, per dire di me, del mio trasalire davanti al tuo primo sguardo di ieri. 

Chissà se ti offendi se ti scrivo qui, scomodando anche Leopardi, che il mio trasalimento è nato dallo scoprir che "beltà splendea/negli occhi tuoi" interroganti e fissi nei miei mentre ti salutavo contento di rivederti, nonostante i miei poveri e limitati occhi umani non riuscissero a veder quanto sei davvero bella.

Chissà se ti senti derisa se ti ripenso su un trono da regina, anche se le regine non hanno troni con due ruote che le tue deboli braccia non possono far avanzare.

Scusami, se ti offendo o ti derido. Ma, giovanissimo scricciolo di donna che, mi pare, la mamma o la nonna hanno chiamato Valentina, tu porti nel nome questa contraddizione: sembri non valere e, invece, sei per noi una valente benedizione.

"Perché?", leggo adesso nei tuoi occhi di stamane.

Perché ci costringi a domandarci per quale motivo non dovremmo fare come gli spartani, ci fai ritrovare all'improvviso, senza sapere come, sul limite della nostra rupe Tarpea, davanti al baratro della nostra coscienza, col cuore che ci batte all'impazzata perché cerca una luce, un lucignolo almeno per intravedere che tu sei uguale a tutti coloro che hanno gambe forti, fisico mozzafiato, occhi stupendi.

Sei tu benedizione di un Dio che in te si fa vicino, mendicante d'amore per riempirci del Suo.

Sei tu farfalla stupenda che come noi vive nel bozzolo della storia per rivelarsi un giorno in tutto il suo splendore e allora noi, che crediamo di tessere chissà quale arazzo con la nostra vita, scopriremo contemplando te e i prediletti del Signore di essere stati solo vecchi ragni incartapecoriti intrappolati nelle loro stesse tele. E solo la Misericordia che ama e siete tutti voi potrà salvarci.

Sei tu che rendi immensi e giganteschi i tuoi genitori, i tuoi nonni, coloro che di te e delle tue sorelle e dei tuoi fratelli si prendono cura, veri protagonisti e vincitori in quella storia che Dio sta scrivendo, raccogliendo anche le briciole di sudore e pazienza e amore che a voi dedicano e sorridendo sornione di tutti i potenti manipolatori delle coscienze umane che accoglieranno la salvezza grazie a te, quando torneranno come bambini. 

Sei tu che puoi renderci umani, consapevoli di essere humus, terra buona se si lascia coltivare, fecondare, aprire al dono.

Grazie, piccola e immensa Valentina!

lunedì 12 dicembre 2022

Che belle, le mie lacrime!

https://youtube.com/clip/UgkxmX74vnydZqdcz4h7RQ7AseVYvgUro0TG

Anche mentre preparo la clip... la prima volta, anni fa, fu pianto a dirotto, la seconda pure, oggi quasi e poco fa, portando avanti e indietro Youtube per tagliare nei punti giusti le scene, anche poco fa mi si sono inumiditi gli occhi mentre incrociano quelli che, nella finzione cinematografica, corrono in fretta verso un figlio cadente.

Sarà che tutti, non solo quando cadiamo, abbiamo bisogno di sentire una voce che ci rassicura: "Sono qua!".

Sarà che inconsciamente quegli occhi sono gli occhi della madre che ci portiamo dentro e le lacrime sono la gratitudine per tutte le sue corse verso di noi, gratitudine che finalmente si esprime libera, presa in contropiede dal gioco d'immedesimazione che un film porta con sé.

Sarà... ma cosa c'è di più bello di quando allunghi una mano (fisica o meno) alla cieca e davvero qualcuno te la stringe dicendoti: "Sono qua io"?

Un genitore, se potesse, non farebbe di tutto per essere sempre, anche dopo la sua morte, quella mano e quella voce per i suoi figli?

Maria è quella Madre che non vediamo e che è sempre lì a prenderci per mano e a rassicurarci della sua presenza, anche se significa correre col cuore in subbuglio come per Gesù. Gesù è quel Figlio che non vediamo e che tiene per mano tutti gli altri figli suoi fratelli, anche se significa soffrire e morire con loro.

Un genitore non farebbe di tutto per affidare i suoi figli a questa Madre e a questo fratello maggiore?

martedì 23 agosto 2022

“De-linquente!”, sbottò il coro delle re-liquie

La nonnina, appoggiandosi passo dopo passo sul suo bastone, con fiducia si avvicinava alle strisce bianche pensando di attraversar la strada senza problemi. Teneva nella mano libera un piccolo sacchetto con dentro quel che bastava per il suo pranzo quotidiano; per la spesa grossa, quella che serviva per la domenica, per far mangiare nipoti e figli con relativi coniugi, ci pensava suo genero. “Devo ricordarmi che lunedì prossimo amm’a fari u cino e mi devo fare comprare…”: ormai è lontana tre passi dal marciapiede e chiaramente intenzionata ad attraversare la strada, ma il flusso dei suoi pensieri viene letteralmente travolto da un auto (citycar, crossover, berlina, blu… e chi ne capisce più?) guidata da un o un’irriconoscibile autista che si merita, col bastone alzato e il vigore inesauribile di chi ancora impasta chilometri e chilometri di scaccia rausana, di essere rimproverato a gran voce: «DE-LINQUENTE!».


Ora, sperando di non essere fuori strada, mi viene in mente che il De-Linquente è chi, nel legame tra persone che vivono insieme (in un condominio, in un quartiere, in una città, per pochi secondi su un tratto di strada con le strisce bianche), svuota questo legame fatto di fiducia reciproca e abbandona il voler meritare la fiducia degli altri, facendo di testa sua. Se mi permetto di non rispettare le strisce bianche, il semaforo rosso, i giorni di raccolta differenziata… non solo ho tralasciato di osservare delle leggi civili e amministrative, ma ho svuotato il legame che ci accomuna e che ci fa fidare gli uni degli altri in quanto dal mio rispetto della legge nasce la sicurezza per tutti e viceversa.


Domani porteremo la Re-Liquia relativa a san Giovanni Battista nella Residenza per Anziani Villa San Giorgio di via Falcone e nella Casa di Riposo Beata Maria Schininà di via Madre Teresa di Calcutta. San Giovanni Battista non è un De-Linquente per noi, ma per qualcuno lo fu (finì prima in carcere, poi decapitato). Tradiva la “fiducia” di chi pensava di poter fare quello che voleva senza nessuno a ricordare il volere di Dio.


Nei potenti ha lasciato vuoto, nei giusti e nei credenti in Gesù ha lasciato il suo essere segno indicatore verso mete difficili, la giustizia terrena e il Regno di Dio.


Se il De-Linquente si fermasse alle strisce bianche, pagasse le tasse, deponesse le armi delle rapine e degli omicidi, diventerebbe anche lui Re-Liquia: ciò che resta, un segno concreto che è possibile perdere se stessi, ma rafforzare la fiducia che insieme si può vivere, gli uni per gli altri.


I documenti della storia ci assicurano che quel frammento di ossa di un braccio umano ha a che fare, in qualche modo che solo le memorie fragili che accompagnano fatti e luoghi lontani possono spiegare, con la storia concreta di san Giovanni. Allora, amici credenti, rispettiamo il segno come tale e non fermiamo lo sguardo ad esso, alziamo i nostri occhi a Gesù, che è indicato da quel segno, e camminiamo con Lui e verso Lui presente negli ultimi.


La reliquia del braccio di san Giovanni vi aspetta domani pomeriggio 24 agosto dalle ore 15 tra gli anziani di via Madre Teresa di Calcutta: venerate il segno, se volete, ma poi, con un sorriso, una stretta di mano, una chiacchierata… sollevatevi ad amare Gesù in chi è debole, malato, sull’ultimo tratto del cammino verso l’eternità.

martedì 12 aprile 2022

Agli amici di Sant'Antonio di Comiso (e a chi passa di qua): appunti prima serata

Carissimi, qui di seguito gli appunti di ieri, quelli letti, quelli "detti" e quelli rimasti sulla carta. Sono solo appunti, non un testo vero e proprio ordinato e strutturato bene. Ma per chi vuole ripercorrere quanto ci siamo detti ieri e cogliere qualcosa che non è stata detta, questi appunti possono essere utili. Essendo appunti, qualcosa potrebbe essere imprecisa o bisognosa di precisazioni. Grazie a chi (chiunque legga questa pagina) mi farà notare qualcosa da correggere!

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1. Introduzione generale

§ Esercizi spirituali:

mettere in movimento la nostra dimensione spirituale;

noi siamo un corpo (materia) capace di Infinito.

Cioè non ci accontentiamo mai (per esempio, ogni giorno ricominciamo, nel bene o nel male), vogliamo capire le cose, non sopportiamo la menzogna e l’ingiustizia, ma sopportiamo per esempio il dolore nostro per il bene di chi amiamo e anche di chi non conosciamo.

Volontà, intelligenza, desiderio di verità e di bene… ecco l’apertura all’Infinito che coinvolge anche il corpo (la volontà è sostenuta dalle emozioni e sensazioni, l’intelligenza parte da quello che i nostri cinque sensi colgono).

Quindi, esercizi spirituali: mettere in movimento tutto quello che siamo per accogliere l’Infinito meglio di ieri.

Infinito: il massimo del bene, del vero, del giusto, anzi più del massimo, ciò che è Bene, Vero, Bello, Giusto… Dio, che ci ha fatti così proprio per incontrarci.

Noi diciamo di essere cristiani. Questi esercizi li facciamo per vivere meglio la Pasqua. Ovvero meglio incontrare il Dio che a Pasqua ne ha combinata una delle sue. Bene.

2. Introduzione particolare

§ Allora mettiamoci nella prospettiva di Gv 20, dal v. 19 e Lumen Gentium 7. 

Iniziamo con Gv 20.

Gesù è morto il venerdì, è passato il sabato, la mattina del primo giorno dopo il sabato è stato trovato vuoto il sepolcro, siamo arrivati alla sera del primo giorno dopo il sabato.

1. i discepoli sono insieme

2. Gesù venne e stette in mezzo e annuncia la Pace di Dio

3. Si fa riconoscere come il loro maestro, quello che è stato crocifisso.

4. Dona lo Spirito Santo perché continuino loro la missione che il padre aveva affidato a Gesù.

Possiamo dire che queste 4 cose sono Pasqua?

Allora dobbiamo mettere in moto queste 4 cose:

Siamo discepoli che cercano di esserlo “INSIEME”? (Capisco, voglio, come mi sento?)

Sappiamo “INSIEME” accogliere Gesù, lasciargli il ruolo di protagonista della nostra vita (personale e comunitaria)? (Capisco, voglio, come mi sento?)

Lo accettiamo, sostenendoci “INSIEME”, come Colui che agisce nella storia attraverso l’impotenza dell’Amore fino anche ad essere Amore Crocifisso? (Capisco, voglio, come mi sento?)

Accogliamo il dono dello Spirito “INSIEME” come impegno per continuare la missione di Cristo? (Capisco, voglio, come mi sento?)

È facile rispondere di sì. Ma fare gli esercizi non significa dirsi quanto si è bravi. Avete presente Rocky? Ogni film, deve allenarsi più delle altre volte per superarsi. Noi, lasciamo operare lo Spirito perché ci renda sempre più conformi a Gesù. Capisco, voglio, come mi sento? Questo “INSIEME” quali obiezioni mi provoca, qualunque sia il motivo per cui i discepoli, 2000 anni fa o oggi, siano insieme? Ecco, alla fine degli esercizi, dovremmo poter dire al Signore: “Abbiamo capito qualcosa in più per vivere la Pasqua, sappiamo cosa ci viene difficile, aiutaci tu in…” e dovremmo poter chiedere aiuti concreti.

Per capire ora un attimo meglio Gv 20 e cosa rappresenta:

c’è il nostro passato lì, la nostra prima volta in cui abbiamo scoperto Gesù, la nostra prima e tutte le altre conversioni (c’è sempre una comunità di qualche tipo che mi aiuta a scoprire Cristo Signore che opera nella mia vita);

c’è il nostro presente, perché magari siamo un po’ bloccati e arrugginiti (e per questo ci servono gli esercizi), ma se la fede non si è ancora spenta è perché viviamo dell’azione di Cristo, per mezzo dello Spirito, nella Chiesa;

c’è il nostro futuro, il Paradiso sarà definitivamente così, solo senza missione.

Farsi queste domande significa scuotersi nella nostra quotidianità, fatta del tran tran più o meno stressante di ogni giorno, è aiutarci a vicenda a vedere il Signore e a mescolare le nostre vite (cioè Gv 21, ma questo segnatelo e, almeno per adesso, leggetelo a casa voi). Farsi queste domande significa interrogarsi su di sé come persona in cammino nella Fede e sul proprio rapporto con il gruppo/movimento/associazione e, attraverso questo, la parrocchia tutta. Non solo: io insieme ai fratelli del movimento, ma io insieme ai fratelli del movimento insieme a tutta la parrocchia. Perché questa che sembra un’esagerazione?

§§ Altra prospettiva, allora, da tenere presente e che ci aiuta a capire l’insistenza su “INSIEME” e a continuare il cammino che state facendo insieme come comunità sul rapporto parrocchia/gruppi e movimenti: la Chiesa Corpo mistico di Cristo (Lumen Gentium 7)

La Chiesa è il popolo di Dio. Ma come ci ricorda il Concilio Vaticano II nella LG al n. 7, riprendendo il grande insegnamento del grande san Paolo (sono citati in un solo numero – in tutto la Lg arriva al n. 69 –  Gal 2 volte, 2 Cor, 1 Cor 7 volte, Rm 3 volte, Col 3 volte, Ef 7 volte, Filippesi, 2 Tm, per un totale di 25 citazioni), la Chiesa è anche il Corpo mistico di Cristo. “Insieme” significa come un solo corpo.

LG 7: "Per mezzo del battesimo siamo resi conformi a Cristo: « Infatti noi tutti « fummo battezzati in un solo Spirito per costituire un solo corpo » (1 Cor 12,13). [...] Partecipando realmente del corpo del Signore nella frazione del pane eucaristico, siamo elevati alla comunione con lui e tra di noi: « Perché c'è un solo pane, noi tutti non formiamo che un solo corpo, partecipando noi tutti di uno stesso pane» (1 Cor 10,17). Così noi tutti diventiamo membri di quel corpo (cfr. 1 Cor 12,27), «e siamo membri gli uni degli altri» (Rm 12,5)".

Ma ciò non significa conformismo e spersonalizzazione, (del singolo e del movimento) ma conformità a Cristo e scoperta sempre più profonda di se stessi in Cristo. Come san Paolo dice in Col 2, 19, da Gesù, «tutto il corpo ben fornito e ben compaginato, per mezzo di giunture e di legamenti, riceve l'aumento voluto da Dio». L’aver incontrato Gesù, cioè, trasforma la nostra vita da quella di un singolo a quella di una persona legata a Gesù e attraverso Gesù ad altri, anche sconosciuti, con i quali lo Spirito di Cristo, se lo lascio agire, mi compagina, cioè non mi lascia come un singolo foglio disperso, ma mi mette assieme ad altri fogli per essere, pagina dopo pagina, un libro che può essere letto, mi rende membro che fa bene al corpo e che riceve dal corpo.

Già questa visione di Chiesa ci porta a non assolutizzare nessuna forma di Chiesa (parrocchia, gruppo, movimenti… a modo loro, nessuno può dire: la Chiesa sono io, ma sono nella Chiesa, sono una delle tante espressioni del Corpo di Cristo che è la Chiesa) e ci porta oltre ogni confine, non perché li annulla (la parrocchia mi aiuta ad essere corpo di Cristo, il movimento di cui faccio parte pure), ma perché li valorizza aiutandomi a scoprire nell’insieme e nel particolare: l’insieme senza di me, senza la parrocchia, senza il movimento, senza la diocesi è più povero, il particolare che sono io, la parrocchia, il movimento, la diocesi senza l’insieme non riesce a capire chi è.

E questo perché… attenzione a un intrecciarsi di immagini… Dunque, Chiesa Corpo di Cristo. Ma noi abbiamo una realtà di fede che fin dal libro della Genesi è vista come unione di due che divengono uno. Qual è? Il matrimonio! E infatti se la Chiesa è una con Cristo tanto da essere il suo corpo, i padri del concilio non hanno avuto problemi a scrivere sempre al numero 7 della Lumen Gentium:

"Cristo inoltre ama la Chiesa come sua sposa, facendosi modello del marito che ama la moglie come il proprio corpo (cfr. Ef 5,25-28); la Chiesa poi è soggetta al suo capo. E poiché «in lui abita congiunta all'umanità la pienezza della divinità » (Col 2,9), egli riempie dei suoi doni la Chiesa la quale è il suo corpo e la sua pienezza (cfr. Ef 1,22-23), affinché essa sia protesa e pervenga alla pienezza totale di Dio (cfr. Ef 3,19)".

Cristo e la Chiesa universale, quindi anche io, vivono l’uno per l’altra, Sposo e Sposa, e Cristo non pretende che la sua sposa sia bella, ma le dona Lui la sua bellezza con i doni dello Spirito (carismi e ministeri, movimenti e associazioni, e coì via). Ora, o ci percepiamo come un harem, o tendiamo all’unità del corpo mistico per essere una sola cosa in Cristo nostro sposo.

Per estremizzare: non sono unito a Cristo se non sono unito agli altri membri della Chiesa, non solo come dono del Signore (che porterebbe a parrocchie e diocesi in cui ogni parrocchia, gruppo, movimento fa la sua parte anche bene, ma appunto resta parte e il corpo mistico sarebbe fatto da compartimenti stagni).

Capisco questa realtà che il Signore mi ha donato, la voglio far crescere in me, come mi sento al pensiero di dover rivedere parte della mia vita per lasciare che il Signore mi faccia vivere ancor di più il mio essere Corpo di Cristo? Vediamo se Maria di Betania e Giuda ci aiutano ad affrontare questa sfida di essere la Sposa Una del Cristo per formare in Lui e con Lui un solo corpo mistico.

§§§ Maria di Betania  e Giuda (Vangelo del giorno): elemento affettivo contro elemento razionalistico e utilitaristico. Spunti per approfondire. Potremmo dire (senza ancora domandarci cos’è parrocchia, lo faremo domani): lo stile tra cristiani quale deve essere per non tradire il proprio essere corpo di Cristo e quindi Chiesa?

Al centro c'è Cristo, secondo Maria/al centro, con la scusa di Cristo, tutto tranne Lui, secondo Giuda.

Maria di Betania: stile sponsale, relazionale, sempre in riferimento a Cristo

Sposa: Lavarsi i piedi (qui profumarli) a vicenda, sciogliere i capelli, sono segni d’intimità coniugale + rif a Cantico dei Cantici (profumo effuso: 1,3; un re preso dalle tue trecce: 7,6; 4, 9-10: tu mi hai rapito… i tuoi profumi più di tutti gli odori).

Maria di Betania, sorella di Lazzaro, è la creatura che risponde a Dio con amore, è la Chiesa che si lascia amare (fratello tornato in vita) e, grata, ama.

Se pensiamo a banchetto=festa insieme, cosa ne deduciamo? Che la vita della parrocchia dovrebbe essere questo accogliere insieme i doni di Gesù simboleggiati in resurrezione di Lazzaro (qualunque direzione prendano: vita quotidiana, cammini dei movimenti, bimbi che nascono e per cui si chiede il battesimo, presenza dei ragazzi e dei giovani e dei loro catechisti e animatori, dei poveri e degli operatori della carità), dove insieme significa che uno qualunque di questi doni è per la gioia di tutti e, quindi, tutti poi partecipiamo del gesto di Maria. Tutto viene da Cristo, tutto torna a Cristo.

Luogo primario: messa. Luogo organizzativo: Consiglio pastorale. (ci torneremo il terzo giorno)

Sposa-sposo, più che organizzatore di eventi anche sociali

Giuda: stile autoreferenziale e/o limitato

Ladro vero, ladro spirituale: togliere il profumo a Cristo significa togliere lo Sposo, togliere il significato e il senso dell’essere movimento e parrocchia e Chiesa, significa non capire i doni di Cristo e non far sbocciare l’amore (quello vero che unge i piedi, cioè s’impegna, si sacrifica, tocca la carne di chi ha bisogno di amore – direbbe papa Francesco – non vive di sensazioni o di rivendicazioni per le categorie senza giungere mai alle persone concrete).

Giuda giudica Maria di Betania, come spesso nella Chiesa giudichiamo chi vive la sequela in modo diverso da noi, senza capire che, essendo membra diverse, stiamo contribuendo a rispondere con la nostra specificità LIMITATA all’amore di Gesù. Solo “INSIEME” verrà fuori il profumo che si diffonde in tutta la casa.

Giuda pensa a fare buone azioni (riunioni, attività, corsi, formazione, gesti solidali, incontri di preghiera, veglie, liturgie, ecc), mentre Maria ama Gesù, cerca l’essenziale senza il quale tutte queste cose sono ottime cose dell’uomo verso l’uomo, non azioni della Sposa (umanità che accoglie Amore trasformante di Cristo) verso lo Sposo che è il livello pieno di relazione a cui Gesù vuole portare l’umanità, perché sia il Suo Amore perfetto a sanare l’imperfezione e i limiti dell’amore umano.


Maria fa sì che la vita nella casa sia piena del profumo dell’amore, la casa diventa la locanda (cfr Di Cristina, nota 1 in basso) dei discepoli di Emmaus e del buon Samaritano, diversa da sede di sindacato, onlus, centro sociale di Giuda (ottime cose, ma diverse per stile e per orizzonte rispetto alla parrocchia, che tende verso l’essere famiglia e che non può chiedere tessere di appartenenza a nessun partito o categoria sociale e non può attenzionare solo alcune sofferenze umane, bensì tutte).

L’Amore di Dio che genera amore di uomini è una cosa. Il pensiero degli uomini che genera un utile determinato da  quel pensiero è altro (il pensiero marxista cerca il bene del proletariato nella logica dell'utile per il proletario, anche se occorre lottare contro i proprietari e far scomparire la classe imprenditoriale. I cristiani, anche quando dovessero lottare, dovrebbero farlo senza creare nuove forme di risentimento, del ricco costretto a diventare povero per esempio, e sviluppando vita familiare attraverso una vera fraternità. Cfr Ezechiele Ramin).

Ora, queste che sembrano riflessioni poco centrate per il nostro tema (INSIEME), invece ci danno con chiarezza l'esempio di ciò che non deve fare un movimento in parrocchia: pensare al proprio utile credendo che sia il bene di tutti.

Se parto da Gesù e vedo la Chiesa come il Suo Corpo, nel quale anch'io sono inserito, allora anche io e il mio movimento abbiamo bisogno di Cristo e grazie al suo Amore per noi possiamo amare poi la Chiesa corpo di Cristo (per esempio la parrocchia).

Tra l'altro, c’è circolarità virtuosa tra Cristo e varie presenze di Cristo.

Cristo parla, mi accoglie, mi nutre, mi attende nei piccoli-poveri-ultimi che riconosco come Suoi se ho ascoltato Cristo, che accolgo e servo come farebbe Lui se ho lasciato che Cristo mi accogliesse e nutrisse, ho mangiato Cristo.

Cristo mi ama e io lo amo amando la Chiesa che fa risuonare la Parola di Cristo, mi genera come suo figlio inserendomi nel Corpo di Cristo, mi dona il Corpo di Cristo, è la Sposa di Cristo che io amo come la ama Cristo.

Con Maria, il profumo (che è ormai l’amore di Maria nato dall’amore di Gesù e tornato a Gesù come profumo prezioso, genuino, non ipocrita, vero) si diffonde, tutta la casa può godere di questo amore.

Con Giuda, 300 denari, aiuti 300 poveri per un giorno, 150 per due, 75 per 4, 15 poveri per venti giorni, 3 poveri per 100 giorni, oppure tra spese gestionali, pubblicità, compensi agli specialisti, non aiuti nessuno ma sei felice perché hai usato trecento denari per la solidarietà (scusate la provocazione, ma succede così quando un movimento eccleziale si ripiega in se stesso, alla fine rischia d’implodere).

§ Conclusione di oggi: stile sponsale tra cristiani porterebbe le eventuali parrocchie chiuse in se stesse ad aprirsi al territorio e ai gruppi/movimenti e diventare quanto diceva

GIUSEPPE SAVAGNONE, Comunità credenti nel mondo d’oggi, in Presbiteri. Rivista di spiritualità pastorale, 6, 6/2012, 418-419

«[Oggi] la parrocchia può offrire la sola cosa che la nostra società non è in grado di dare, uno spazio di senso e di comunicazione umana in cui ciascuno possa ritrovare se stesso in un’esperienza di autentica vita comunitaria.

Perché ciò accada, però, è necessaria una vera e propria conversione della struttura parrocchiale: da ‘stazione di servizio’ che elargisce riti e sacramenti, quale spesso si è ridotta ad essere, [cioè, con la scusa di Cristo, tutto tranne Cristo: festa familiare, occasione per i vestiti nuovi, per diventare compari-commari, per farci certi regali, tipo il cellulare, ecc. Questa nota tra parentesi è di Luca Tuttobene] essa dovrebbe diventare ambiente umano – e perciò anche cristiano – capace di richiamare chiunque, anche non credente, abbia nostalgia di una reale esperienza comunitaria, fondata sul dialogo sincero e sul rispetto reciproco. Sarà su questo terreno che la proposta evangelica potrà fiorire senza forzature.

La prima condizione per questo è che si instauri uno stile relazionale in cui ognuno possa essere quello che è, esprimendo il proprio pensiero – anche divergente – sapendo di essere ascoltato».

Io aggiungo: accolto, inserito in un progetto in cui insieme si realizza di più di ciò che si potrebbe realizzare da soli.

Significa, per i movimenti e le associazioni presenti in parrocchia, coltivare la loro spiritualità e la loro identità, all’interno di un cammino fatto “INSIEME” nella spiritualità di comunione di cui parlava Giovanni Paolo II in Novo Millennio Ineunte (Giovanni Paolo II, NMI 43. Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo) e accogliere almeno i numeri da 98 a 101 di Evangelii Gaudium di papa Francesco.

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Nota 1: S. E. Mons. SALVATORE DI CRISTINA, Lettera pastorale La nostra Chiesa accogliente, 8.10
“La parrocchia, locanda dell’accoglienza”
Ho preso volentieri a titolo di questo capitoletto un’espressione che mi è capitato di leggere in un articolo di rivista dedicato a un grande parroco italiano, don Primo Mazzolari . Indicare la parrocchia come locanda potrà sembrare un po’ dissacrante, specialmente se, come avviene più volentieri da noi, la parrocchia viene identificata con una chiesa, la chiesa parrocchiale appunto, invece che, com’è più corretto, con una porzione del popolo di Dio. Nella locanda – quando ancora esistevano – ci si incontrava tra amici, o almeno sapendo di potere incontrare persone accoglienti con cui scambiare quattro chiacchiere, anche alla buona, consumare un pasto e dove sarebbe stato possibile perfino trovare, in caso di bisogno, un alloggio per sé e per la famiglia. Nella locanda insomma si viveva per definizione l’accoglienza, anche se era priva di quella sala ovattata e ossequiosa che oggi negli assai più quotati hôtel si chiama reception.
Penso che le nostre parrocchie dovrebbero poter meritare di essere immaginate così. Luoghi di accoglienza, mai di esclusione; territori dove i credenti non considerino estranei i non credenti, e non facciano distinzione tra ricchi e poveri, intellettuali e incolti; dove essi stessi non siano mai reciprocamente estranei ma siano sempre pronti ad accogliersi con quella umana affabilità che la condivisione della stessa fede speranza e carità potrà rendere ancora di più trasparenza chiara di Dio. Penso perciò alle nostre parrocchie come a comunità fraterne.
[…] dobbiamo continuare a rendere sempre più capaci di esprimere accoglienza gli spazi di cui disponiamo. A fare in modo cioè che le chiese continuino ad essere belle e ad essere sentite sempre più come “case della chiesa-comunità”; che le sacrestie non... puzzino mai di sacrestia (né in senso proprio né in senso metaforico); che le case canoniche siano la casa nella quale tutti sanno che vi abita il parroco; che l’ufficio del parroco, nonostante il nome, sappia quanto meno possibile di burocratico; che i locali destinati alla catechesi dei piccoli non siano troppo simili alle aule scolastiche... Che tutti questi ambienti insomma sempre più vengano sentiti dalla comunità per quello che sono, certamente affidati alla custodia e all’attenzione amorevole del parroco, ma fondamentalmente patrimonio della comunità stessa, la parrocchia, capaci di rappresentare la sua faccia accogliente.
Sia dunque famiglia di famiglie ogni nostra parrocchia, e sia comunione di tutte le sue comunità di fedeli. Abbia forte il sentimento della sua appartenenza; non però quello di un’appartenenza chiusa e autoreferenziale, paga delle sue tradizioni, pur antiche e rispettabili, e del gruppo piccolo o grande dei volti amici. La sua appartenenza dovrà essere veramente “ecclesiale”: aperta cioè a tutte le urgenze pastorali di tutto intero il suo territorio ed aperta anche alle urgenze e bisogni delle altre eventuali parrocchie della medesima comunità cittadina. E la sua apertura non dovrà mai perdere dal proprio orizzonte vivo la diocesi e la Chiesa universale. Solo così il sentimento dell’appartenenza parrocchiale dimostrerà di essere fondato sulla partecipazione consapevole alla missione della Chiesa verso l’umanità. […]

venerdì 8 aprile 2022

Per la Tre Sere a Sant'Antonio a Comiso/4

Naturalmente, testi utili per chi non si stanca di voler conoscere. Per gli amici di Sant'Antonio da Padova di Comiso, iniziamo a vederci giorno 11!

GIUSEPPE SAVAGNONE, Comunità credenti nel mondo d’oggi, in Presbiteri. Rivista di spiritualità pastorale, 6, 6/2012, 418-419

«[Oggi] la parrocchia può offrire la sola cosa che la nostra società non è in grado di dare, uno spazio di senso e di comunicazione umana in cui ciascuno possa ritrovare se stesso in un’esperienza di autentica vita comunitaria.

Perché ciò accada, però, è necessaria una vera e propria conversione della struttura parrocchiale: da ‘stazione di servizio’ che elargisce riti e sacramenti, quale spesso si è ridotta ad essere, essa dovrebbe diventare ambiente umano – e perciò anche cristiano – capace di richiamare chiunque, anche non credente, abbia nostalgia di una reale esperienza comunitaria, fondata sul dialogo sincero e sul rispetto reciproco. Sarà su questo terreno che la proposta evangelica potrà fiorire senza forzature.

La prima condizione per questo è che si instauri uno stile relazionale in cui ognuno possa essere quello che è, esprimendo il proprio pensiero – anche divergente – sapendo di essere ascoltato».



Per la Tre Sere a Sant'Antonio a Comiso/3

Sempre più testi utili per chi non si stanca di voler conoscere. Per gli amici di Sant'Antonio da Padova di Comiso, iniziamo a vederci giorno 11!

Lumen Gentium (Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II sulla Chiesa) n° 7.

La Chiesa, corpo mistico di Cristo

7. Il Figlio di Dio, unendo a sé la natura umana e vincendo la morte con la sua morte e resurrezione, ha redento l'uomo e l'ha trasformato in una nuova creatura (cfr. Gal 6,15; 2 Cor 5,17). Comunicando infatti il suo Spirito, costituisce misticamente come suo corpo i suoi fratelli, che raccoglie da tutte le genti.

In quel corpo la vita di Cristo si diffonde nei credenti che, attraverso i sacramenti si uniscono in modo arcano e reale a lui sofferente e glorioso [6]. Per mezzo del battesimo siamo resi conformi a Cristo: « Infatti noi tutti « fummo battezzati in un solo Spirito per costituire un solo corpo » (1 Cor 12,13). Con questo sacro rito viene rappresentata e prodotta la nostra unione alla morte e resurrezione di Cristo: « Fummo dunque sepolti con lui per l'immersione a figura della morte »; ma se, fummo innestati a lui in una morte simile alla sua, lo saremo anche in una resurrezione simile alla sua » (Rm 6,4-5). Partecipando realmente del corpo del Signore nella frazione del pane eucaristico, siamo elevati alla comunione con lui e tra di noi: « Perché c'è un solo pane, noi tutti non formiamo che un solo corpo, partecipando noi tutti di uno stesso pane» (1 Cor 10,17). Così noi tutti diventiamo membri di quel corpo (cfr. 1 Cor 12,27), «e siamo membri gli uni degli altri» (Rm 12,5).

Ma come tutte le membra del corpo umano, anche se numerose, non formano che un solo corpo così i fedeli in Cristo (cfr. 1 Cor 12,12). Anche nella struttura del corpo mistico di Cristo vige una diversità di membri e di uffici. Uno è lo Spirito, il quale per l'utilità della Chiesa distribuisce la varietà dei suoi doni con magnificenza proporzionata alla sua ricchezza e alle necessità dei ministeri (cfr. 1 Cor 12,1-11). Fra questi doni eccelle quello degli apostoli, alla cui autorità lo stesso Spirito sottomette anche i carismatici (cfr. 1 Cor 14). Lo Spirito, unificando il corpo con la sua virtù e con l'interna connessione dei membri, produce e stimola la carità tra i fedeli. E quindi se un membro soffre, soffrono con esso tutte le altre membra; se un membro è onorato, ne gioiscono con esso tutte le altre membra (cfr. 1 Cor 12,26).

Capo di questo corpo è Cristo. Egli è l'immagine dell'invisibile Dio, e in lui tutto è stato creato. Egli è anteriore a tutti, e tutte le cose sussistono in lui. È il capo del corpo, che è la Chiesa. È il principio, il primo nato di tra i morti, affinché abbia il primato in tutto (cfr. Col 1,15-18). Con la grandezza della sua potenza domina sulle cose celesti e terrestri, e con la sua perfezione e azione sovrana riempie delle ricchezze della sua gloria tutto il suo corpo (cfr. Ef 1,18-23) [7].

Tutti i membri devono a lui conformarsi, fino a che Cristo non sia in essi formato (cfr. Gal 4,19). Per ciò siamo collegati ai misteri della sua vita, resi conformi a lui, morti e resuscitati con lui, finché con lui regneremo (cfr. Fil 3,21; 2 Tm 2,11; Ef 2,6). Ancora peregrinanti in terra, mentre seguiamo le sue orme nella tribolazione e nella persecuzione, veniamo associati alle sue sofferenze, come il corpo al capo e soffriamo con lui per essere con lui glorificati (cfr. Rm 8,17). Da lui « tutto il corpo ben fornito e ben compaginato, per mezzo di giunture e di legamenti, riceve l'aumento voluto da Dio » (Col 2,19). Nel suo corpo, che è la Chiesa, egli continuamente dispensa i doni dei ministeri, con i quali, per virtù sua, ci aiutiamo vicendevolmente a salvarci e, operando nella carità conforme a verità, andiamo in ogni modo crescendo verso colui, che è il nostro capo (cfr. Ef 5,11-16 gr.).

Perché poi ci rinnovassimo continuamente in lui (cfr. Ef 4,23), ci ha resi partecipi del suo Spirito, il quale, unico e identico nel capo e nelle membra, dà a tutto il corpo vita, unità e moto, così che i santi Padri poterono paragonare la sua funzione con quella che il principio vitale, cioè l'anima, esercita nel corpo umano [8]. Cristo inoltre ama la Chiesa come sua sposa, facendosi modello del marito che ama la moglie come il proprio corpo (cfr. Ef 5,25-28); la Chiesa poi è soggetta al suo capo. E poiché «in lui abita congiunta all'umanità la pienezza della divinità » (Col 2,9), egli riempie dei suoi doni la Chiesa la quale è il suo corpo e la sua pienezza (cfr. Ef 1,22-23), affinché essa sia protesa e pervenga alla pienezza totale di Dio (cfr. Ef 3,19).

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[6] Cf. S. TOMMASO, Summa Theol. III, q. 62, a. 5, ad 1.

[7] Cf. PIO XII, Enc. Mystici Corporis, 29 giugno 1943: AAS 35 (1943), p. 208.

[8] Cf. LEONE XIII, Enc. Divinum illud, 9 maggio 1897: ASS 29 (1896-97), p. 650. PIO XII, Enc. Mystici Corporis, l.c. [nota prec.], pp. 219-220: Dz 2288 (3808) [Collantes 7.363]. S. AGOSTINO, Serm. 268, 2: PL 38, 1232, et alibi. S. GIOV. CRISOSTOMO, In Eph., Hom. 9, 3: PG 62, 72. DIDIMO D’ALESS., Trin. 2, 1: PG 39, 449s. S. TOMMASO, In Col. 1,18, lect. 5: ed. Marietti, II, n. 46: “Come un unico corpo viene costituito dall’unione con l’anima, così la Chiesa dall’unione con lo Spirito...”.

giovedì 7 aprile 2022

Per la Tre Sere a Sant'Antonio a Comiso/2

Ancora testi utili per chi non si stanca di voler conoscere. Per gli amici di Sant'Antonio da Padova di Comiso, iniziamo a vederci giorno 11!

Dal Vangelo secondo Giovanni, capitolo 20

 19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

mercoledì 6 aprile 2022

Per la Tre Sere a Sant'Antonio a Comiso/1

Testi utili per chi non si stanca di voler conoscere. Per gli amici di Sant'Antonio da Padova di Comiso, iniziamo a vederci giorno 11!

Dal Vangelo secondo Giovanni, capitolo 12

1 Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti2E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 3Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo. 4Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: 5«Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». 6Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. 7Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 8I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».
9Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. 10I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, 11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

martedì 14 dicembre 2021

Che anno è?

Io in cucina a Vittoria in via Primo Levi impegnato a lavorare, mio padre di là in salotto che suona la tastiera elettrica. Da quanto tempo... o non è passato il tempo? Sono davanti a un MacBook e sto lavorando per il noviziato del Rg2, non per qualche interrogazione del liceo... segni inequivocabili da terzo millennio... gli anni '90 del XX secolo sono davvero ormai passati da un pezzo...

Ma a me ancora capita (per motivi di salute) di ritrovarmi in cucina a Vittoria in via Primo Levi impegnato a lavorare mentre mio padre di là in salotto suona la tastiera elettrica... come certe cose non passano  col tempo!

Caro noviziato Rasta.../3

Chi capita qui, può capire meglio se prima clicca e va a leggere Caro noviziato Rasta.../1.

...non vi è rimasta la curiosità di sapere cosa significa il detto sul legaccio del sandalo?

Non è un modo di dire per farsi umile.

È un richiamo a una norma matrimoniale ebraica.

Ve la faccio breve: Giovanni sta presentando il futuro Messia come lo sposo dell'umanità e sta chiedendo di non fare confusione.

Come a dire: "Non cercate me, Giovanni, se volete trasformare la vostra vita in una festa di matrimonio. Io ho un amico disposto a far questo, ma non sono come lui. Quindi, preparatevi ad accogliere il Messia, quello vero. Lui sì che se ne intende di matrimoni".

Pensare al Messia come sposo significa pensarlo come la persona che ti sceglie e tu scegli per condividere tutta la vita insieme.

Anche qui, domanda: ma Gesù ha confermato questo modo di vedere di Giovanni? I Vangeli ce lo presentano così? E per me, per te, per chi volesse prendere sul serio questa possibilità (Gesù come Colui con cui condividere tutto), cambia qualcosa?

Caro noviziato Rasta.../2

Chi capita qui, può capire meglio se prima clicca e va a leggere Caro noviziato Rasta.../1.

...ci siamo lasciati chiedendoci: frumento o pula? Guidi da te la tua canoa o la lasci trasportare dal vento (specifichiamo un poco: vento delle mode, del "così fanno o pensano tutti", del più forte, del più affascinante, del più divertente, del più comodo, del più facile, ecc. ecc. ecc.)?

Ma può essere interessante, per chi è interessato a capire davvero i Vangeli (sia interesse culturale, sia perché vuole vivere davvero la fede in Cristo), chiedersi se Giovanni il Battista ha avuto un'idea di Messia che poi Gesù ha davvero realizzato.

Intendiamoci: nei Vangeli è presente Giovanni il Battista perché Gesù stesso lo ha riconosciuto come il suo precursore, come colui che predicando e battezzando gli ha permesso di entrare in scena. I Vangeli sono un annuncio su Gesù, non un insieme di insegnamenti e belle cose su santi e madonne tra cui Giovanni.

E allora, era veramente Gesù il Messia che Giovanni annunciava? Gesù è stato Messia come Giovanni immaginava?

Ti lascio queste domande, pensaci un po' se vuoi, prova a cercare nei vangeli. Per curiosità, oppure per dare alla tua fede una base più forte, oppure perché sei di quelli che pensa che le domande esistono per farle diventare sempre risposte.

Caro noviziato Rasta.../1

 ...tra sabato pomeriggio e domenica abbiamo ascoltato questo testo: Lc 3, 10-18.

C'è una frase che pare sia rimasta poco chiara, il versetto 17: Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile.

Vi propongo alcuni passi per provare a chiarirla un po':

1. chi la dice? Giovanni il Battista (il battezzatore);

2. ma chi è costui? Colui che battezzava nel Giordano, lo dice pure il suo nome!

3. e perché battezzava? Perché aveva convinto tanta gente che ormai il Messia (l'eletto di Dio - tipo Matrix 1, 2, 3, forse 4, per chi sa di cosa parlo) stava per arrivare e questa gente voleva pulirsi un poco la coscienza prima di incontrarlo (non si sa mai);

4. il suo obiettivo era stabilire il nuovo record mondiale di battesimi fatti nella vita? No, il suo obiettivo era far nascere questa domanda nel cuore della gente: e se veramente Dio viene ad incontrarmi attraverso il Messia, lo saprò accogliere?;

5. per raggiungere questo obiettivo, visto che Giovanni parla in un ambiente ebraico, prima ancora di battezzare, cerca di far riflettere la gente a partire da cose che sanno già, come la frase sul legaccio del sandalo e quella della pala e della paglia: sono due modi dire, due proverbi che Giovanni applica al Messia, secondo il suo modo di immaginare il Messia;

6. e come lo immagina il Messia? Forte, come un contadino esperto che non si stanca finché con la pala (cioè il ventilabro, che puoi vedere qui) non ha purificato tutto il frumento dalla paglia (cioè la pula che avvolge il frumento e che il vento disperde quando con il ventilabro il frumento è lanciato in alto). Per la paglia non c'è speranza con questo Messia, perché quella che si accumula nel campo brucerà nel fuoco! Giovanni a questo punto ti chiederebbe: vuoi essere frumento o paglia? E B.-P. gli farebbe eco: guidi da te la tua canoa oppure ti lasci trascinare dal vento come la pula e ti accontenti di una vita senza arte né parte?;

7. abbiamo finito? Sì, se vuoi, altrimenti potresti andare prima qui e poi qui.

lunedì 4 ottobre 2021

Dire, fare, baciare, lettera o... Testamento?

Piccolino: così si definisce san Francesco nel Testamento che scrisse pochi mesi prima di morire.
Ci lascia, così, una grande eredità, forse l'essenziale della sua grande eredità. E, come dice bene l'autore del Piccolo Principe, "l'essenziale è invisibile agli occhi".
Poverello, fratello universale, costruttore di pace, amante della natura, riformatore, "santo" (tra virgolette nel senso miracolistico e sovrumano del termine) magari anche anticonformista, ribelle, precursore di chissà cosa... chi di noi ha mai sentito parlare di san Francesco piccolino?
Se non si legge il Testamento o altri passi delle Fonti Francescane nei quali è presente letteralmente questa definizione o emerge con forza (cito, per esempio, a memoria un passo che nella memoria collettiva e a causa anche del bellissimo Forza Venite Gente è molto romantico e poco drammatico: "Quando il frate portinaio ci riconoscerà  e ci caccerà dicendo: -Francesco, va via, non abbiamo bisogno di te, illetterato e ignorante, abbiamo molti migliori di te!-, allora, frate Leone, scrivi che è perfetta letizia), l'essere piccolino di Francesco resta invisibile.
Ora, che l'essenziale resti invisibile fa parte, direi, del suo mestiere. Ma il mestiere di chi vuole conoscere e comprendere qualcosa o qualcuno è proprio quello di tuffarsi verso l'essenziale, attraversando quello che sorge dall'essenziale. Arrivati alla sorgente, tutto quello che abbiamo attraversato lo comprenderemo meglio.
A mio parere, più leggo le Fonti, più cerco di capire Francesco, più capisco meglio il suo percorso grazie al suo chiamarsi "Francesco piccolino".
Poco fa ho conosciuto tramite foto un neonato di appena tre giorni. Il 29 settembre è nata mia cugina. Che risorse hanno questi bimbi in questo momento?
Sono poveri di tutte le capacità intellettive e relazionali che svilupperanno crescendo nel rapporto con i genitori e i parenti e tutti gli altri e ricchi solo di tale rapporto
Sono guardati con tenerezza anche dagli estranei perché in ogni bimbo che nasce in qualche modo proiettiamo le nostre speranze ancora attive o ormai svanite, rendendolo così un fratellino che può continuare quello che noi vorremmo o avremmo voluto realizzare.
Sono inermi e pacifici, miti e totalmente (fisicamente e mentalmente ed emozionalmente) abbandonati nelle mani degli altri, armati solo di quell'arma inoffensiva che è il pianto (va bene, l'udito, il sistema nervoso, il sonno dei genitori forse sono vittime di una guerra atroce, ma il pianto è un linguaggio, non un capriccio).
Sono un germoglio della natura di cui prendersi cura custodendoli nei loro bisogni primari (fame, sete, pulizia, sonno), evitando sovrastrutture (che forse ormai non evitiamo più).
E qui mi fermo.
Poverelli, fratellini, pacifici, immersi ancora (senza potersi porre di fronte) nel loro essere parte del creato tanto da aver bisogno di cure come e più di un albero o di un cucciolo.
Fu nell'accettare di essere figlio del Padre di Gesù di Nazaret e nello scoprire che la cifra di questa relazione sta nel farsi "piccolino" che Francesco d'Assisi scoprì se stesso.
Fu nel farsi piccolino che Francesco si scoprì ricco del rapporto con il Padre celeste e non ebbe più bisogno di nulla.
Fu nel farsi piccolino che Francesco si scoprì fratello degli altri piccoli figli dello stesso Padre (i lebbrosi, innanzitutto, che il suo sentirsi "grande" non poteva accettare, guardare, accogliere senza essere messo in crisi e che imparò a servire costantemente, ma anche i frati che lo misero in crisi, sintetizzati nel frate immaginario che lo caccia di cui sopra).
Fu nel farsi piccolino che Francesco divenne come Gesù anche nel corpo donato agli altri nonostante la sofferenza: è per farsi piccolino che il Verbo di Dio si incarna (si svuota, dice san Paolo in Filippesi 2, 7) e diventa Gesù nostro fratello anche nella carne, nel dolore, nella morte in croce.
Fu nel farsi piccolino che Francesco si scoprì immerso nell'abbraccio del Padre che lo riempie dei doni del creato.
San Francesco piccolino, tu che in Cristo, con Cristo e per Cristo realizzi in pienezza il senso del salmo 131, prega per noi: possiamo davvero, nelle gioie, nelle speranze, nei dolori e nelle angosce di ogni giorno, abbandonarci come bimbi svezzati all'abbraccio del Padre.

PS: san Francesco qui nel blog lo trovi anche nei seguenti link.

lunedì 6 settembre 2021

Nomadelfia/5

Chi vive a Nomadelfia, secondo una legge di fraternità  e disinteresse, può apparire strano, eccessivo, quasi indisponente. Di qui - perché negarlo? - certo diffuso scetticismo, o addirittura diffidenza, o perfino sospetto che laggiù a Nomadelfia, con la scusa della filantropia, si pratichi una sorta di non dichiarato comunismo.

E molti, che in un primo momento si erano entusiasmati e, se avessero obbedito al cuore, avrebbero aiutato quell'opera grandiosa, hanno trattenuto la mano che stava già per tendersi. Perché queste riserve? Negli ultimi tempi Nomadelfia ha sentito intorno a sé qualche freddezza...

O può trattarsi anche di paura. Per non udire le sirene Ulisse si turò le orecchie con la cera. Similmente alcuni, a sentire parlare di sante opere come Nomadelfia, volgono altrove il capo, spaventati. Una specie di istinto di conservazione li trattiene. Guai se ascoltassero, forse quella voce li trascinerebbe. E, se obbedissero, per loro, uomini di mondo, finora tesi soltanto ai soldi, alla vanità, al potere, sarebbe in certo senso la rovina.

DINO BUZZATI, in Corriere della Sera, 17 marzo 1950 (riportato in Nomadelfia è una proposta, 52, 2019-1, p. 20)

mercoledì 11 agosto 2021

2010-2021

Vado a cercare il primo post e scopro che ha la data di oggi... che poi io ricordo sempre 10 agosto, chissà perché... e quindi sono passati 11 anni... anche il blog invecchia, non solo colui che vi scrive!