lunedì 7 luglio 2025

… purché sia vicino a Te.

E davvero ho preso l’iPad, “al cader della giornata”, di questa giornata che tu non hai voluto iniziare.

Ho preso l’iPad per fare una delle cose che mi fa stare bene, che forse tu non hai ricordato più, o forse non ti bastavano più.

E poco fa, improvvisamente, ho ripensato a una lunga telefonata, con mia mamma, la sera del funerale di Martina o forse quella della domenica iniziata con la telefonata del signor Carmelo che non sapeva come dirmi che Martina era morta. Ma forse tu non volevi più aggrapparti a nessun numero di telefono.

E stamattina ripensavo con gratitudine a tutti coloro che mi hanno ascoltato e sopportato da quando sono entrato in seminario, magari pensando a quanto fossi immaturo e capace solo di lagnarmi, ma mi hanno sopportato e ascoltato all’infinito, anche schiaffeggiandomi moralmente e spiritualmente per svegliarmi dai miei torpori. Ma tu, forse, non volevi più essere ascoltato né sopportato.

E l’estate del 2004, ti pare non spuntasse tra i ricordi stasera prima di scrivere, così dolorosa e generativa come solo la nascita e la morte possono essere? Ma se io in autunno ritrovai mani e occhi e sguardi e parole che mi accolsero per continuare a rinascere davvero, forse tu non avevi più parole e sguardi e occhi e mani da cercare per continuare a vivere qui, in mezzo a noi.

Negli ultimi 8 anni, da quando sei prete, abbiamo condiviso, probabilmente ogni giorno, almeno una volta al giorno, questa frase: Il Corpo e il Sangue del Signore nostro Gesù Cristo uniti in questo calice siano per noi cibo di vita eterna. Non sai, anzi, sì, ormai sei nell’eternità, sai tutto: sai come mi sono aggrappato a questa frase, oggi. Come ho afferrato le ultime parole, per me, per te, bisognosi di vita eterna e non a parole, ma con la concretezza che ha qualcosa che è cibo, che entra in bocca per essere masticato, deglutito, digerito. Cibo di vita eterna, perché tutto passa, nella vita, diventando vano se non c’è Chi lo rende eterno.

Perché sto passando anch’io e, come San Paolo, che ce lo ha ricordato a messa proprio oggi, vorrei non essere disturbato più da nessuno, nella Chiesa, se non per vantarci della Croce di Cristo.

Ma così non sarà, e forse proprio questa è la croce da affrontare: questa Chiesa così com’è.

Tu, padre Matteo… sì, padre, perché prete anche se più giovane di me… padre perché hai donato la vita di Gesù in questi 8 anni… tu, padre Matteo, sei passato prima di spezzare ancora una volta per i tuoi figli questo cibo di vita eterna. Forse non hai trovato la forza che ti permettesse di farlo… un giorno, una domenica probabilmente, ero così solo dentro, nonostante tutte le persone presenti a messa, che chiesi a due ministranti di starmi vicino durante il momento in cui diventiamo sempre più un solo Corpo… che paradosso, solitudine e comunione nello stesso tempo… ma tu, padre Matteo, forse questo paradosso non lo hai retto più.

Padre Matteo, tra gli scout ho imparato a cantare che “al cader della giornata/noi leviamo i cuori a Te”, al nostro Dio; tu sei caduto prima di iniziare un’altra giornata. Permettimi allora di cantare io per te, in questa calda sera di luglio, per dire al buon Dio:

“Te nel cuore del fratello, Te nel mio cercai d’amar.

Quante stelle quante stelle, dimmi tu la mia qual è.

Non ambisco alla più bella, purché sia vicino a Te”.


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