giovedì 18 giugno 2020

Cronache dalle lande sospese/5 (Tormento e speranza)

Tormento perché non accetto di essere persona piccola e fragile e non mi fido fino in fondo del mio Signore, come se la missione non fosse essenzialmente la Sua, alla quale mi fa partecipare non perché io abbia successo, ma perché Lui possa compiere la Sua opera.
Tormento perché sono mente che si attorciglia su domande e domande scrutando dal punto di vista sbagliato un terreno pastorale che immagina arido, perdendo così la bellezza dei germogli minuscoli e quasi invisibili che manifestano la verità della Parola (Isaia 43 e Apocalisse 21, 5):
16Così dice il Signore, che aprì una strada nel mare
e un sentiero in mezzo ad acque possenti,
17che fece uscire carri e cavalli,
esercito ed eroi a un tempo;
essi giacciono morti, mai più si rialzeranno,
si spensero come un lucignolo, sono estinti:
18«Non ricordate più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!
19Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada,
immetterò fiumi nella steppa.

20Mi glorificheranno le bestie selvatiche,
sciacalli e struzzi,
perché avrò fornito acqua al deserto,
fiumi alla steppa,
per dissetare il mio popolo, il mio eletto.
21Il popolo che io ho plasmato per me

celebrerà le mie lodi.
E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose».
Tormento per la nostalgia di un tempo e spazio bellissimo eretto a ideale unico e assoluto, ma, ed è la fine di tutti gli idealismi, irriproducibile in Altrove e in Altroquando se non con mezzi distruttivi dell’ideale stesso.
Speranza che, piccolo, fragile, di poca fede, razionalista, spiritualmente cieco, malamente nostalgico, impaurito da me stesso furioso e fallimentare, possa sempre convertirmi e poggiarmi sulle Sue mani aperte per me.

Cronache dalle lande sospese/4

Con me stesso (inutile fare pose di chi si rivolge a lettori continui praticamente inesistenti).

Io: Perché continui a scrivere post con questo titolo? Quando dovevi, quando in giro non c'era nessuno, quando il silenzio era padrone della città e via discorrendo per immagini di desolazione, non hai scritto praticamente nulla, e ora che tutto fanno come se non fosse successo nulla, ti senti ancora in una landa sospesa?

Me stesso: Sai già la risposta, ma te la scrivo qui. Io e te siamo sufficientemente certi che gli effetti della sospensione, in modalità diverse, si stanno progressivamente manifestando. Anche in te, vero?

Io: Va bene, concedo che sia vero. Ma tutto questo basta?

Me stesso: Sì, perché tutto questo è ancora mascherine, disposizioni restrittive per le tue tanto amate attività estive di ogni tipo, posti distanziati e limitati in chiesa e altrove, contagi che riprendono in Cina o non scendono in altre nazioni... ti basta?

Io: Va bene, che Cronache dalle lande desolate sia!

domenica 7 giugno 2020

È giunta mezzanotte...

...veramente le 00.33.05, segna l'orologio del mio computer, ma devo scrivere questo post, anche se non lo leggerà nessuno, per chi ha subito una messa un po' convulsa, ieri pomeriggio (sabato 6 alle 19.30).
Avrei infatti voluto dire, all'omelia che è stata necessariamente breve (magari i fedeli erano più contenti così), che la Santa Trinità, pur essendo espressione nata a furia di speculazione teologica, è qualcosa che va affrontata anche (forse soprattutto) da un versante, direi, affettivo. Attenzione: lungi da me ridurre la Santa Trinità a soap opera o romanzo rosa o marmellata sentimentale. Seguitemi, per favore.

1. Vangelo secondo Giovanni 1, 18:

Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.


Nel seno del Padre: Gesù è in relazione con l'intimità del Padre. Insomma, pensate a un bimbo durante la gravidanza, non solo è dentro la sua mamma, ma è legato ad essa dal cordone ombelicale, è in relazione di unità con essa.

2. Vangelo secondo Giovanni 13, 23:

Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù.

Al fianco di Gesù: traducendo letteralmente, il discepolo era reclinato dentro il seno di Gesù. Quindi, Gesù, che gode di un'intimità tale con il Padre da essere a Lui legato, apre la sua intimità perché il discepolo possa entrarvi. Questo Gesù lo fa perché lo ama e l'amore di Cristo attira il discepolo verso di Lui.

3. Conclusione: pensare un Dio Trinità significa scoprire un Dio che è relazione d'amore e che attraverso il Figlio si apre e ci permette di entrare in tale relazione. Come possiamo entrarvi? Intanto dobbiamo volerlo. Questo è l'obiettivo, il motivo del nostro essere cristiani. Voglio accogliere l'invito di Gesù ad entrare nel suo seno, nella sua intimità, voglio sperimentare cosa Lui prova e chi è veramente, nel profondo, attaccarmi al suo cordone ombelicale per diventare anche io figlio di Suo Padre. Se, poi, pregheremo, ascolteremo la Sua Parola e ci nutriremo dell'Eucarestia, allora il nostro desiderio avrà afferrato la mano di Gesù tesa per amore verso di noi e inizierà a diventare realtà, grazie allo Spirito Santo che ci condurrà nel seno del Padre attraverso il seno di  Gesù. La Trinità, per non essere un'arida formula di matematica teologica, è così questione di intimità tra Padre e Figlio e tra loro e noi grazie allo Spirito Santo.

Caro Giorgio...

...sono quasi tre mesi che non ci sei più e che nella mia testa, da subito ma non ogni giorno, ho iniziato queste mie parole per te, chiamandoti per nome, prendendomi questa confidenza, sicuro della tua approvazione. È un sabato sera strano, questo, e strano è il posto in cui mi trovo a scriverti. Forse ti saresti rattristato a sapermi sperduto parroco di campagna (dai, con te ormai me lo posso permettere, che cos'è San Luigi se non una parrocchia sperduta in questa campagna ragusana diventata per finta città? Ma sai, io vengo da un quartiere vero dove città e campagna lottavano l'una sull'altra, a volte contro a volte alleate, quindi qui almeno c'è da impegnarsi per scoprire che cosa vuole fare la campagna e cosa la città). Io però qui sto finalmente scoprendo tante cose di me, come non mi accadeva da tempo, dagli incontri  bellissimi quanto dolorosi a Roma, e prima ancora dagli anni del seminario. È un tempo benedetto, questo a San Luigi. Ti annoio, forse? O ritrovi echi delle mie riflessioni che ti piacevano tanto (altrimenti non mi avresti mai dato, penso, certi voti incredibili)?
Come va, lì dove sei ora? Chiariti tutti i dubbi? Ritrovati i tuoi grandi amori, alcuni divenuti i miei? Certo, forse il Fiorentino, magari il Marchigiano... ma il cantore dei sepolcri o il politologo rinascimentale? No, non voglio dubitare di Chi sa cosa c'è nel cuore dell'uomo tanto da saper come trovare uno spiraglio per lasciar vincere la Sua misericordia. Va bene, divago, hai ragione. Ma cosa dirti? Che il 9 marzo mi hai sorpreso come non facevi più probabilmente dalla fine del secondo liceo? E che questa sorpresa è stata dolorosa? Che, sperduto tra i mille rivoli della mia vita, non sono più riuscito a trovare un'occasione per te e mi dispiace? Che, per colpa o grazie a te, mi sono ritrovato a circa trent'anni a fare un esame di latino (semplice quanto vuoi) con l'incoscienza di chi sa di non aver problemi? O, peggio, a lanciarmi in un lavoro di lessicografia su testi in latino?
Stasera c'era una luna splendida in cielo... Leopardi...
Siamo nella domenica della Trinità... Dante...
Mi piace Camilleri... Verga, Pirandello...
Devo continuare? Certo, i ricordi di cinque anni insieme sono impastati di sensazioni di vario tipo. Ricordo quegli anni, non solo il Liceo, come anni terribili e splendidi, anni in cui ciò che mi terrorizza nel ricordarli risplende a volte luminoso e ciò che risplende nella mia memoria mi terrorizza... anni di contraddizioni scoperte dopo e molto dopo ancora, in cui però, oscillando anche tu tra terrorizzante e splendente, ho messo in me semi importanti. Non so se ti ho mai ringraziato e non so di preciso per cosa farlo, per non ridurre il grazie a cose scontate che ogni professore dona ai suoi alunni. Però, oggi, a ventisette anni quasi dalla fine del Liceo, una cosa è sempre più chiara: tanta gente incontri nella vita e diverse persone lasciano ricordi nella tua vita, ma alcune diventano tue amiche e come tali le ritrovi, anche dove e quando meno te lo aspetti, a continuare con te nel tuo profondo una sorta di dialogo, baruffa, litigio, incitamento, lotta, incoraggiamento, cammino.
Mi cammini dentro, professore. Non sono tornato al lei, è una seconda persona singolare. Sì, è un indicativo, quel "cammini". Mi cammini dentro, ma so ormai reggere l'urto con chi "entra col piede sinistro" nella mia vita, perché mi cammini dentro col tuo (nostro!) memento audere semper.
A proposito, che ci sia da quelle parti anche Catullo? Ecco, forse bastava solo lui...
Caro Giorgio, odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio e sorrido sornione, immaginando anche sul tuo viso, se non sorrisi, almeno le rughe profonde di chi s'interroga sui suoi tentativi di tirar fuori da noi studenti adolescenti un po' di maturità.
Preparati perché, ora che finalmente sai cosa ho combinato con la tesina che non sono mai riuscito a regalarti, un giorno dovrai dirmi che ne pensi. Salutami il prof. Alfieri (no, lui continuo a chiamarlo così, non sono ancora pronto per il tu). E come solo voi che siete al di là sapete fare, metti una buona parola per me e preparami la strada (sì, bravo, un po' come Virgilio, Beatrice e san Bernardo).
Può essere che tornerò a disturbarti!
Intanto, a Dio!

sabato 6 giugno 2020

Cronaca dalle lande sospese/3


Capisco tutto, l'isolamento, lo stress della vicinanza continuata dentro appartamenti di certo non immensi, la difficoltà della didattica a distanza e tutto, ma proprio tutto, anche tutti i risvolti di tutti gli autoinganni di tutti gli individui della nostra società, i miei compresi. E quindi capisco anche una cosa: abbiamo un problema, gravissimo, immenso, peggiore di un virus che stermini nove decimi di umanità e di una crisi economica che affami fino alla scomparsa l'altro decimo. Questo problema si chiama "mancanza di cultura" (una qualunque, di destra, di sinistra, di centro, antica, moderna, post-qualunque cosa...), per gli amici "orizzonti esistenziali limitati", tecnicamente "visione della vita senza visione". Certo, non posso aspettarmi in fila per entrare dove posso comprare qualcosa che mi serve di sentir discettare di profondi argomenti di alte questioni morali o politiche o scientifiche o di chissà cos'altro ancora... (ma non è da rimpiangere un tempo ante-televisione in cui, in Toscana, "il popolo e gli artigiani conoscevano a memoria ampi stralci dell’Inferno, che veniva letto ritualmente, la sera, intorno al focolare, prima che arrivasse la televisione"?). Però... quanta voglia di dar ragione a Platone a proposito dei filosofi e dei genitori ("Manderanno via, risposi, in campagna, tutti i cittadini che abbiano compiuto i dieci anni; ne prenderanno i figlioli sottraendoli all’influsso degli odierni costumi, che sono pure quelli dei genitori, e li alleveranno secondo i loro modi e leggi, che sono quelli da noi esposti prima" - Repubblica VII, 540e-541a), se un libro per le vacanze è un oggetto simbolo del "burdello" (quaedam mater dixit, non ego) che la didattica a distanza ha rappresentato durante la pandemia. Che la diplomiamo a fare la gente (ne sono presuntuosamente sicuro che siano diplomati, i due genitori che lamentavano il fato avverso e la sorte nemica ai loro due sublimi figli studenti) se poi il massimo che sanno offrire ai figli è una vita piatta in cui studiare, leggere, interrogarsi non è mai sinonimo di crescita mentale, nutrimento dell'interiorità, sviluppo di curiosità per la realtà, maturazione del senso critico, strumento per divenire persone migliori?

Perdonate lo sfogo, ma oggi credo si sia riaperta un'antica ferita. Niente, è passata, tutto a posto... continuiamo a scivolare nel baratro dolcemente convinti che le ombre che vediamo siano quello che la nostra immensa intelligenza individuale ha partorito come verità assoluta (chiedo anche scusa se ogni tanto ho qualche ricordo, magari sbagliato, di ciò che ho studiato. Mi ostino a non voler ingerire, cioè volevo dire ho dimenticato dove ho messo la blue pill).

martedì 2 giugno 2020

Anni '70/parte 1

"Ma la gente vuole davvero il comunismo? Lo aspetta? O lo vogliamo noi per noi stessi?". "La gente vuole un mondo più giusto. E questo rende giuste tutte le nostre azioni". Non sono sicuro della precisione della citazione (dalla miniserie del 2008 Aldo Moro - Il presidente), ma il succo è questo. Fulminante. Almeno per me. Tremendo. Almeno per me. E io continuo a chiedermi perché mentre ero bambino c'erano giovani che uccidevano pensando così di fare il mio bene.