lunedì 12 dicembre 2022

Che belle, le mie lacrime!

https://youtube.com/clip/UgkxmX74vnydZqdcz4h7RQ7AseVYvgUro0TG

Anche mentre preparo la clip... la prima volta, anni fa, fu pianto a dirotto, la seconda pure, oggi quasi e poco fa, portando avanti e indietro Youtube per tagliare nei punti giusti le scene, anche poco fa mi si sono inumiditi gli occhi mentre incrociano quelli che, nella finzione cinematografica, corrono in fretta verso un figlio cadente.

Sarà che tutti, non solo quando cadiamo, abbiamo bisogno di sentire una voce che ci rassicura: "Sono qua!".

Sarà che inconsciamente quegli occhi sono gli occhi della madre che ci portiamo dentro e le lacrime sono la gratitudine per tutte le sue corse verso di noi, gratitudine che finalmente si esprime libera, presa in contropiede dal gioco d'immedesimazione che un film porta con sé.

Sarà... ma cosa c'è di più bello di quando allunghi una mano (fisica o meno) alla cieca e davvero qualcuno te la stringe dicendoti: "Sono qua io"?

Un genitore, se potesse, non farebbe di tutto per essere sempre, anche dopo la sua morte, quella mano e quella voce per i suoi figli?

Maria è quella Madre che non vediamo e che è sempre lì a prenderci per mano e a rassicurarci della sua presenza, anche se significa correre col cuore in subbuglio come per Gesù. Gesù è quel Figlio che non vediamo e che tiene per mano tutti gli altri figli suoi fratelli, anche se significa soffrire e morire con loro.

Un genitore non farebbe di tutto per affidare i suoi figli a questa Madre e a questo fratello maggiore?

martedì 23 agosto 2022

“De-linquente!”, sbottò il coro delle re-liquie

La nonnina, appoggiandosi passo dopo passo sul suo bastone, con fiducia si avvicinava alle strisce bianche pensando di attraversar la strada senza problemi. Teneva nella mano libera un piccolo sacchetto con dentro quel che bastava per il suo pranzo quotidiano; per la spesa grossa, quella che serviva per la domenica, per far mangiare nipoti e figli con relativi coniugi, ci pensava suo genero. “Devo ricordarmi che lunedì prossimo amm’a fari u cino e mi devo fare comprare…”: ormai è lontana tre passi dal marciapiede e chiaramente intenzionata ad attraversare la strada, ma il flusso dei suoi pensieri viene letteralmente travolto da un auto (citycar, crossover, berlina, blu… e chi ne capisce più?) guidata da un o un’irriconoscibile autista che si merita, col bastone alzato e il vigore inesauribile di chi ancora impasta chilometri e chilometri di scaccia rausana, di essere rimproverato a gran voce: «DE-LINQUENTE!».


Ora, sperando di non essere fuori strada, mi viene in mente che il De-Linquente è chi, nel legame tra persone che vivono insieme (in un condominio, in un quartiere, in una città, per pochi secondi su un tratto di strada con le strisce bianche), svuota questo legame fatto di fiducia reciproca e abbandona il voler meritare la fiducia degli altri, facendo di testa sua. Se mi permetto di non rispettare le strisce bianche, il semaforo rosso, i giorni di raccolta differenziata… non solo ho tralasciato di osservare delle leggi civili e amministrative, ma ho svuotato il legame che ci accomuna e che ci fa fidare gli uni degli altri in quanto dal mio rispetto della legge nasce la sicurezza per tutti e viceversa.


Domani porteremo la Re-Liquia relativa a san Giovanni Battista nella Residenza per Anziani Villa San Giorgio di via Falcone e nella Casa di Riposo Beata Maria Schininà di via Madre Teresa di Calcutta. San Giovanni Battista non è un De-Linquente per noi, ma per qualcuno lo fu (finì prima in carcere, poi decapitato). Tradiva la “fiducia” di chi pensava di poter fare quello che voleva senza nessuno a ricordare il volere di Dio.


Nei potenti ha lasciato vuoto, nei giusti e nei credenti in Gesù ha lasciato il suo essere segno indicatore verso mete difficili, la giustizia terrena e il Regno di Dio.


Se il De-Linquente si fermasse alle strisce bianche, pagasse le tasse, deponesse le armi delle rapine e degli omicidi, diventerebbe anche lui Re-Liquia: ciò che resta, un segno concreto che è possibile perdere se stessi, ma rafforzare la fiducia che insieme si può vivere, gli uni per gli altri.


I documenti della storia ci assicurano che quel frammento di ossa di un braccio umano ha a che fare, in qualche modo che solo le memorie fragili che accompagnano fatti e luoghi lontani possono spiegare, con la storia concreta di san Giovanni. Allora, amici credenti, rispettiamo il segno come tale e non fermiamo lo sguardo ad esso, alziamo i nostri occhi a Gesù, che è indicato da quel segno, e camminiamo con Lui e verso Lui presente negli ultimi.


La reliquia del braccio di san Giovanni vi aspetta domani pomeriggio 24 agosto dalle ore 15 tra gli anziani di via Madre Teresa di Calcutta: venerate il segno, se volete, ma poi, con un sorriso, una stretta di mano, una chiacchierata… sollevatevi ad amare Gesù in chi è debole, malato, sull’ultimo tratto del cammino verso l’eternità.

martedì 12 aprile 2022

Agli amici di Sant'Antonio di Comiso (e a chi passa di qua): appunti prima serata

Carissimi, qui di seguito gli appunti di ieri, quelli letti, quelli "detti" e quelli rimasti sulla carta. Sono solo appunti, non un testo vero e proprio ordinato e strutturato bene. Ma per chi vuole ripercorrere quanto ci siamo detti ieri e cogliere qualcosa che non è stata detta, questi appunti possono essere utili. Essendo appunti, qualcosa potrebbe essere imprecisa o bisognosa di precisazioni. Grazie a chi (chiunque legga questa pagina) mi farà notare qualcosa da correggere!

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1. Introduzione generale

§ Esercizi spirituali:

mettere in movimento la nostra dimensione spirituale;

noi siamo un corpo (materia) capace di Infinito.

Cioè non ci accontentiamo mai (per esempio, ogni giorno ricominciamo, nel bene o nel male), vogliamo capire le cose, non sopportiamo la menzogna e l’ingiustizia, ma sopportiamo per esempio il dolore nostro per il bene di chi amiamo e anche di chi non conosciamo.

Volontà, intelligenza, desiderio di verità e di bene… ecco l’apertura all’Infinito che coinvolge anche il corpo (la volontà è sostenuta dalle emozioni e sensazioni, l’intelligenza parte da quello che i nostri cinque sensi colgono).

Quindi, esercizi spirituali: mettere in movimento tutto quello che siamo per accogliere l’Infinito meglio di ieri.

Infinito: il massimo del bene, del vero, del giusto, anzi più del massimo, ciò che è Bene, Vero, Bello, Giusto… Dio, che ci ha fatti così proprio per incontrarci.

Noi diciamo di essere cristiani. Questi esercizi li facciamo per vivere meglio la Pasqua. Ovvero meglio incontrare il Dio che a Pasqua ne ha combinata una delle sue. Bene.

2. Introduzione particolare

§ Allora mettiamoci nella prospettiva di Gv 20, dal v. 19 e Lumen Gentium 7. 

Iniziamo con Gv 20.

Gesù è morto il venerdì, è passato il sabato, la mattina del primo giorno dopo il sabato è stato trovato vuoto il sepolcro, siamo arrivati alla sera del primo giorno dopo il sabato.

1. i discepoli sono insieme

2. Gesù venne e stette in mezzo e annuncia la Pace di Dio

3. Si fa riconoscere come il loro maestro, quello che è stato crocifisso.

4. Dona lo Spirito Santo perché continuino loro la missione che il padre aveva affidato a Gesù.

Possiamo dire che queste 4 cose sono Pasqua?

Allora dobbiamo mettere in moto queste 4 cose:

Siamo discepoli che cercano di esserlo “INSIEME”? (Capisco, voglio, come mi sento?)

Sappiamo “INSIEME” accogliere Gesù, lasciargli il ruolo di protagonista della nostra vita (personale e comunitaria)? (Capisco, voglio, come mi sento?)

Lo accettiamo, sostenendoci “INSIEME”, come Colui che agisce nella storia attraverso l’impotenza dell’Amore fino anche ad essere Amore Crocifisso? (Capisco, voglio, come mi sento?)

Accogliamo il dono dello Spirito “INSIEME” come impegno per continuare la missione di Cristo? (Capisco, voglio, come mi sento?)

È facile rispondere di sì. Ma fare gli esercizi non significa dirsi quanto si è bravi. Avete presente Rocky? Ogni film, deve allenarsi più delle altre volte per superarsi. Noi, lasciamo operare lo Spirito perché ci renda sempre più conformi a Gesù. Capisco, voglio, come mi sento? Questo “INSIEME” quali obiezioni mi provoca, qualunque sia il motivo per cui i discepoli, 2000 anni fa o oggi, siano insieme? Ecco, alla fine degli esercizi, dovremmo poter dire al Signore: “Abbiamo capito qualcosa in più per vivere la Pasqua, sappiamo cosa ci viene difficile, aiutaci tu in…” e dovremmo poter chiedere aiuti concreti.

Per capire ora un attimo meglio Gv 20 e cosa rappresenta:

c’è il nostro passato lì, la nostra prima volta in cui abbiamo scoperto Gesù, la nostra prima e tutte le altre conversioni (c’è sempre una comunità di qualche tipo che mi aiuta a scoprire Cristo Signore che opera nella mia vita);

c’è il nostro presente, perché magari siamo un po’ bloccati e arrugginiti (e per questo ci servono gli esercizi), ma se la fede non si è ancora spenta è perché viviamo dell’azione di Cristo, per mezzo dello Spirito, nella Chiesa;

c’è il nostro futuro, il Paradiso sarà definitivamente così, solo senza missione.

Farsi queste domande significa scuotersi nella nostra quotidianità, fatta del tran tran più o meno stressante di ogni giorno, è aiutarci a vicenda a vedere il Signore e a mescolare le nostre vite (cioè Gv 21, ma questo segnatelo e, almeno per adesso, leggetelo a casa voi). Farsi queste domande significa interrogarsi su di sé come persona in cammino nella Fede e sul proprio rapporto con il gruppo/movimento/associazione e, attraverso questo, la parrocchia tutta. Non solo: io insieme ai fratelli del movimento, ma io insieme ai fratelli del movimento insieme a tutta la parrocchia. Perché questa che sembra un’esagerazione?

§§ Altra prospettiva, allora, da tenere presente e che ci aiuta a capire l’insistenza su “INSIEME” e a continuare il cammino che state facendo insieme come comunità sul rapporto parrocchia/gruppi e movimenti: la Chiesa Corpo mistico di Cristo (Lumen Gentium 7)

La Chiesa è il popolo di Dio. Ma come ci ricorda il Concilio Vaticano II nella LG al n. 7, riprendendo il grande insegnamento del grande san Paolo (sono citati in un solo numero – in tutto la Lg arriva al n. 69 –  Gal 2 volte, 2 Cor, 1 Cor 7 volte, Rm 3 volte, Col 3 volte, Ef 7 volte, Filippesi, 2 Tm, per un totale di 25 citazioni), la Chiesa è anche il Corpo mistico di Cristo. “Insieme” significa come un solo corpo.

LG 7: "Per mezzo del battesimo siamo resi conformi a Cristo: « Infatti noi tutti « fummo battezzati in un solo Spirito per costituire un solo corpo » (1 Cor 12,13). [...] Partecipando realmente del corpo del Signore nella frazione del pane eucaristico, siamo elevati alla comunione con lui e tra di noi: « Perché c'è un solo pane, noi tutti non formiamo che un solo corpo, partecipando noi tutti di uno stesso pane» (1 Cor 10,17). Così noi tutti diventiamo membri di quel corpo (cfr. 1 Cor 12,27), «e siamo membri gli uni degli altri» (Rm 12,5)".

Ma ciò non significa conformismo e spersonalizzazione, (del singolo e del movimento) ma conformità a Cristo e scoperta sempre più profonda di se stessi in Cristo. Come san Paolo dice in Col 2, 19, da Gesù, «tutto il corpo ben fornito e ben compaginato, per mezzo di giunture e di legamenti, riceve l'aumento voluto da Dio». L’aver incontrato Gesù, cioè, trasforma la nostra vita da quella di un singolo a quella di una persona legata a Gesù e attraverso Gesù ad altri, anche sconosciuti, con i quali lo Spirito di Cristo, se lo lascio agire, mi compagina, cioè non mi lascia come un singolo foglio disperso, ma mi mette assieme ad altri fogli per essere, pagina dopo pagina, un libro che può essere letto, mi rende membro che fa bene al corpo e che riceve dal corpo.

Già questa visione di Chiesa ci porta a non assolutizzare nessuna forma di Chiesa (parrocchia, gruppo, movimenti… a modo loro, nessuno può dire: la Chiesa sono io, ma sono nella Chiesa, sono una delle tante espressioni del Corpo di Cristo che è la Chiesa) e ci porta oltre ogni confine, non perché li annulla (la parrocchia mi aiuta ad essere corpo di Cristo, il movimento di cui faccio parte pure), ma perché li valorizza aiutandomi a scoprire nell’insieme e nel particolare: l’insieme senza di me, senza la parrocchia, senza il movimento, senza la diocesi è più povero, il particolare che sono io, la parrocchia, il movimento, la diocesi senza l’insieme non riesce a capire chi è.

E questo perché… attenzione a un intrecciarsi di immagini… Dunque, Chiesa Corpo di Cristo. Ma noi abbiamo una realtà di fede che fin dal libro della Genesi è vista come unione di due che divengono uno. Qual è? Il matrimonio! E infatti se la Chiesa è una con Cristo tanto da essere il suo corpo, i padri del concilio non hanno avuto problemi a scrivere sempre al numero 7 della Lumen Gentium:

"Cristo inoltre ama la Chiesa come sua sposa, facendosi modello del marito che ama la moglie come il proprio corpo (cfr. Ef 5,25-28); la Chiesa poi è soggetta al suo capo. E poiché «in lui abita congiunta all'umanità la pienezza della divinità » (Col 2,9), egli riempie dei suoi doni la Chiesa la quale è il suo corpo e la sua pienezza (cfr. Ef 1,22-23), affinché essa sia protesa e pervenga alla pienezza totale di Dio (cfr. Ef 3,19)".

Cristo e la Chiesa universale, quindi anche io, vivono l’uno per l’altra, Sposo e Sposa, e Cristo non pretende che la sua sposa sia bella, ma le dona Lui la sua bellezza con i doni dello Spirito (carismi e ministeri, movimenti e associazioni, e coì via). Ora, o ci percepiamo come un harem, o tendiamo all’unità del corpo mistico per essere una sola cosa in Cristo nostro sposo.

Per estremizzare: non sono unito a Cristo se non sono unito agli altri membri della Chiesa, non solo come dono del Signore (che porterebbe a parrocchie e diocesi in cui ogni parrocchia, gruppo, movimento fa la sua parte anche bene, ma appunto resta parte e il corpo mistico sarebbe fatto da compartimenti stagni).

Capisco questa realtà che il Signore mi ha donato, la voglio far crescere in me, come mi sento al pensiero di dover rivedere parte della mia vita per lasciare che il Signore mi faccia vivere ancor di più il mio essere Corpo di Cristo? Vediamo se Maria di Betania e Giuda ci aiutano ad affrontare questa sfida di essere la Sposa Una del Cristo per formare in Lui e con Lui un solo corpo mistico.

§§§ Maria di Betania  e Giuda (Vangelo del giorno): elemento affettivo contro elemento razionalistico e utilitaristico. Spunti per approfondire. Potremmo dire (senza ancora domandarci cos’è parrocchia, lo faremo domani): lo stile tra cristiani quale deve essere per non tradire il proprio essere corpo di Cristo e quindi Chiesa?

Al centro c'è Cristo, secondo Maria/al centro, con la scusa di Cristo, tutto tranne Lui, secondo Giuda.

Maria di Betania: stile sponsale, relazionale, sempre in riferimento a Cristo

Sposa: Lavarsi i piedi (qui profumarli) a vicenda, sciogliere i capelli, sono segni d’intimità coniugale + rif a Cantico dei Cantici (profumo effuso: 1,3; un re preso dalle tue trecce: 7,6; 4, 9-10: tu mi hai rapito… i tuoi profumi più di tutti gli odori).

Maria di Betania, sorella di Lazzaro, è la creatura che risponde a Dio con amore, è la Chiesa che si lascia amare (fratello tornato in vita) e, grata, ama.

Se pensiamo a banchetto=festa insieme, cosa ne deduciamo? Che la vita della parrocchia dovrebbe essere questo accogliere insieme i doni di Gesù simboleggiati in resurrezione di Lazzaro (qualunque direzione prendano: vita quotidiana, cammini dei movimenti, bimbi che nascono e per cui si chiede il battesimo, presenza dei ragazzi e dei giovani e dei loro catechisti e animatori, dei poveri e degli operatori della carità), dove insieme significa che uno qualunque di questi doni è per la gioia di tutti e, quindi, tutti poi partecipiamo del gesto di Maria. Tutto viene da Cristo, tutto torna a Cristo.

Luogo primario: messa. Luogo organizzativo: Consiglio pastorale. (ci torneremo il terzo giorno)

Sposa-sposo, più che organizzatore di eventi anche sociali

Giuda: stile autoreferenziale e/o limitato

Ladro vero, ladro spirituale: togliere il profumo a Cristo significa togliere lo Sposo, togliere il significato e il senso dell’essere movimento e parrocchia e Chiesa, significa non capire i doni di Cristo e non far sbocciare l’amore (quello vero che unge i piedi, cioè s’impegna, si sacrifica, tocca la carne di chi ha bisogno di amore – direbbe papa Francesco – non vive di sensazioni o di rivendicazioni per le categorie senza giungere mai alle persone concrete).

Giuda giudica Maria di Betania, come spesso nella Chiesa giudichiamo chi vive la sequela in modo diverso da noi, senza capire che, essendo membra diverse, stiamo contribuendo a rispondere con la nostra specificità LIMITATA all’amore di Gesù. Solo “INSIEME” verrà fuori il profumo che si diffonde in tutta la casa.

Giuda pensa a fare buone azioni (riunioni, attività, corsi, formazione, gesti solidali, incontri di preghiera, veglie, liturgie, ecc), mentre Maria ama Gesù, cerca l’essenziale senza il quale tutte queste cose sono ottime cose dell’uomo verso l’uomo, non azioni della Sposa (umanità che accoglie Amore trasformante di Cristo) verso lo Sposo che è il livello pieno di relazione a cui Gesù vuole portare l’umanità, perché sia il Suo Amore perfetto a sanare l’imperfezione e i limiti dell’amore umano.


Maria fa sì che la vita nella casa sia piena del profumo dell’amore, la casa diventa la locanda (cfr Di Cristina, nota 1 in basso) dei discepoli di Emmaus e del buon Samaritano, diversa da sede di sindacato, onlus, centro sociale di Giuda (ottime cose, ma diverse per stile e per orizzonte rispetto alla parrocchia, che tende verso l’essere famiglia e che non può chiedere tessere di appartenenza a nessun partito o categoria sociale e non può attenzionare solo alcune sofferenze umane, bensì tutte).

L’Amore di Dio che genera amore di uomini è una cosa. Il pensiero degli uomini che genera un utile determinato da  quel pensiero è altro (il pensiero marxista cerca il bene del proletariato nella logica dell'utile per il proletario, anche se occorre lottare contro i proprietari e far scomparire la classe imprenditoriale. I cristiani, anche quando dovessero lottare, dovrebbero farlo senza creare nuove forme di risentimento, del ricco costretto a diventare povero per esempio, e sviluppando vita familiare attraverso una vera fraternità. Cfr Ezechiele Ramin).

Ora, queste che sembrano riflessioni poco centrate per il nostro tema (INSIEME), invece ci danno con chiarezza l'esempio di ciò che non deve fare un movimento in parrocchia: pensare al proprio utile credendo che sia il bene di tutti.

Se parto da Gesù e vedo la Chiesa come il Suo Corpo, nel quale anch'io sono inserito, allora anche io e il mio movimento abbiamo bisogno di Cristo e grazie al suo Amore per noi possiamo amare poi la Chiesa corpo di Cristo (per esempio la parrocchia).

Tra l'altro, c’è circolarità virtuosa tra Cristo e varie presenze di Cristo.

Cristo parla, mi accoglie, mi nutre, mi attende nei piccoli-poveri-ultimi che riconosco come Suoi se ho ascoltato Cristo, che accolgo e servo come farebbe Lui se ho lasciato che Cristo mi accogliesse e nutrisse, ho mangiato Cristo.

Cristo mi ama e io lo amo amando la Chiesa che fa risuonare la Parola di Cristo, mi genera come suo figlio inserendomi nel Corpo di Cristo, mi dona il Corpo di Cristo, è la Sposa di Cristo che io amo come la ama Cristo.

Con Maria, il profumo (che è ormai l’amore di Maria nato dall’amore di Gesù e tornato a Gesù come profumo prezioso, genuino, non ipocrita, vero) si diffonde, tutta la casa può godere di questo amore.

Con Giuda, 300 denari, aiuti 300 poveri per un giorno, 150 per due, 75 per 4, 15 poveri per venti giorni, 3 poveri per 100 giorni, oppure tra spese gestionali, pubblicità, compensi agli specialisti, non aiuti nessuno ma sei felice perché hai usato trecento denari per la solidarietà (scusate la provocazione, ma succede così quando un movimento eccleziale si ripiega in se stesso, alla fine rischia d’implodere).

§ Conclusione di oggi: stile sponsale tra cristiani porterebbe le eventuali parrocchie chiuse in se stesse ad aprirsi al territorio e ai gruppi/movimenti e diventare quanto diceva

GIUSEPPE SAVAGNONE, Comunità credenti nel mondo d’oggi, in Presbiteri. Rivista di spiritualità pastorale, 6, 6/2012, 418-419

«[Oggi] la parrocchia può offrire la sola cosa che la nostra società non è in grado di dare, uno spazio di senso e di comunicazione umana in cui ciascuno possa ritrovare se stesso in un’esperienza di autentica vita comunitaria.

Perché ciò accada, però, è necessaria una vera e propria conversione della struttura parrocchiale: da ‘stazione di servizio’ che elargisce riti e sacramenti, quale spesso si è ridotta ad essere, [cioè, con la scusa di Cristo, tutto tranne Cristo: festa familiare, occasione per i vestiti nuovi, per diventare compari-commari, per farci certi regali, tipo il cellulare, ecc. Questa nota tra parentesi è di Luca Tuttobene] essa dovrebbe diventare ambiente umano – e perciò anche cristiano – capace di richiamare chiunque, anche non credente, abbia nostalgia di una reale esperienza comunitaria, fondata sul dialogo sincero e sul rispetto reciproco. Sarà su questo terreno che la proposta evangelica potrà fiorire senza forzature.

La prima condizione per questo è che si instauri uno stile relazionale in cui ognuno possa essere quello che è, esprimendo il proprio pensiero – anche divergente – sapendo di essere ascoltato».

Io aggiungo: accolto, inserito in un progetto in cui insieme si realizza di più di ciò che si potrebbe realizzare da soli.

Significa, per i movimenti e le associazioni presenti in parrocchia, coltivare la loro spiritualità e la loro identità, all’interno di un cammino fatto “INSIEME” nella spiritualità di comunione di cui parlava Giovanni Paolo II in Novo Millennio Ineunte (Giovanni Paolo II, NMI 43. Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo) e accogliere almeno i numeri da 98 a 101 di Evangelii Gaudium di papa Francesco.

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Nota 1: S. E. Mons. SALVATORE DI CRISTINA, Lettera pastorale La nostra Chiesa accogliente, 8.10
“La parrocchia, locanda dell’accoglienza”
Ho preso volentieri a titolo di questo capitoletto un’espressione che mi è capitato di leggere in un articolo di rivista dedicato a un grande parroco italiano, don Primo Mazzolari . Indicare la parrocchia come locanda potrà sembrare un po’ dissacrante, specialmente se, come avviene più volentieri da noi, la parrocchia viene identificata con una chiesa, la chiesa parrocchiale appunto, invece che, com’è più corretto, con una porzione del popolo di Dio. Nella locanda – quando ancora esistevano – ci si incontrava tra amici, o almeno sapendo di potere incontrare persone accoglienti con cui scambiare quattro chiacchiere, anche alla buona, consumare un pasto e dove sarebbe stato possibile perfino trovare, in caso di bisogno, un alloggio per sé e per la famiglia. Nella locanda insomma si viveva per definizione l’accoglienza, anche se era priva di quella sala ovattata e ossequiosa che oggi negli assai più quotati hôtel si chiama reception.
Penso che le nostre parrocchie dovrebbero poter meritare di essere immaginate così. Luoghi di accoglienza, mai di esclusione; territori dove i credenti non considerino estranei i non credenti, e non facciano distinzione tra ricchi e poveri, intellettuali e incolti; dove essi stessi non siano mai reciprocamente estranei ma siano sempre pronti ad accogliersi con quella umana affabilità che la condivisione della stessa fede speranza e carità potrà rendere ancora di più trasparenza chiara di Dio. Penso perciò alle nostre parrocchie come a comunità fraterne.
[…] dobbiamo continuare a rendere sempre più capaci di esprimere accoglienza gli spazi di cui disponiamo. A fare in modo cioè che le chiese continuino ad essere belle e ad essere sentite sempre più come “case della chiesa-comunità”; che le sacrestie non... puzzino mai di sacrestia (né in senso proprio né in senso metaforico); che le case canoniche siano la casa nella quale tutti sanno che vi abita il parroco; che l’ufficio del parroco, nonostante il nome, sappia quanto meno possibile di burocratico; che i locali destinati alla catechesi dei piccoli non siano troppo simili alle aule scolastiche... Che tutti questi ambienti insomma sempre più vengano sentiti dalla comunità per quello che sono, certamente affidati alla custodia e all’attenzione amorevole del parroco, ma fondamentalmente patrimonio della comunità stessa, la parrocchia, capaci di rappresentare la sua faccia accogliente.
Sia dunque famiglia di famiglie ogni nostra parrocchia, e sia comunione di tutte le sue comunità di fedeli. Abbia forte il sentimento della sua appartenenza; non però quello di un’appartenenza chiusa e autoreferenziale, paga delle sue tradizioni, pur antiche e rispettabili, e del gruppo piccolo o grande dei volti amici. La sua appartenenza dovrà essere veramente “ecclesiale”: aperta cioè a tutte le urgenze pastorali di tutto intero il suo territorio ed aperta anche alle urgenze e bisogni delle altre eventuali parrocchie della medesima comunità cittadina. E la sua apertura non dovrà mai perdere dal proprio orizzonte vivo la diocesi e la Chiesa universale. Solo così il sentimento dell’appartenenza parrocchiale dimostrerà di essere fondato sulla partecipazione consapevole alla missione della Chiesa verso l’umanità. […]

venerdì 8 aprile 2022

Per la Tre Sere a Sant'Antonio a Comiso/4

Naturalmente, testi utili per chi non si stanca di voler conoscere. Per gli amici di Sant'Antonio da Padova di Comiso, iniziamo a vederci giorno 11!

GIUSEPPE SAVAGNONE, Comunità credenti nel mondo d’oggi, in Presbiteri. Rivista di spiritualità pastorale, 6, 6/2012, 418-419

«[Oggi] la parrocchia può offrire la sola cosa che la nostra società non è in grado di dare, uno spazio di senso e di comunicazione umana in cui ciascuno possa ritrovare se stesso in un’esperienza di autentica vita comunitaria.

Perché ciò accada, però, è necessaria una vera e propria conversione della struttura parrocchiale: da ‘stazione di servizio’ che elargisce riti e sacramenti, quale spesso si è ridotta ad essere, essa dovrebbe diventare ambiente umano – e perciò anche cristiano – capace di richiamare chiunque, anche non credente, abbia nostalgia di una reale esperienza comunitaria, fondata sul dialogo sincero e sul rispetto reciproco. Sarà su questo terreno che la proposta evangelica potrà fiorire senza forzature.

La prima condizione per questo è che si instauri uno stile relazionale in cui ognuno possa essere quello che è, esprimendo il proprio pensiero – anche divergente – sapendo di essere ascoltato».



Per la Tre Sere a Sant'Antonio a Comiso/3

Sempre più testi utili per chi non si stanca di voler conoscere. Per gli amici di Sant'Antonio da Padova di Comiso, iniziamo a vederci giorno 11!

Lumen Gentium (Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II sulla Chiesa) n° 7.

La Chiesa, corpo mistico di Cristo

7. Il Figlio di Dio, unendo a sé la natura umana e vincendo la morte con la sua morte e resurrezione, ha redento l'uomo e l'ha trasformato in una nuova creatura (cfr. Gal 6,15; 2 Cor 5,17). Comunicando infatti il suo Spirito, costituisce misticamente come suo corpo i suoi fratelli, che raccoglie da tutte le genti.

In quel corpo la vita di Cristo si diffonde nei credenti che, attraverso i sacramenti si uniscono in modo arcano e reale a lui sofferente e glorioso [6]. Per mezzo del battesimo siamo resi conformi a Cristo: « Infatti noi tutti « fummo battezzati in un solo Spirito per costituire un solo corpo » (1 Cor 12,13). Con questo sacro rito viene rappresentata e prodotta la nostra unione alla morte e resurrezione di Cristo: « Fummo dunque sepolti con lui per l'immersione a figura della morte »; ma se, fummo innestati a lui in una morte simile alla sua, lo saremo anche in una resurrezione simile alla sua » (Rm 6,4-5). Partecipando realmente del corpo del Signore nella frazione del pane eucaristico, siamo elevati alla comunione con lui e tra di noi: « Perché c'è un solo pane, noi tutti non formiamo che un solo corpo, partecipando noi tutti di uno stesso pane» (1 Cor 10,17). Così noi tutti diventiamo membri di quel corpo (cfr. 1 Cor 12,27), «e siamo membri gli uni degli altri» (Rm 12,5).

Ma come tutte le membra del corpo umano, anche se numerose, non formano che un solo corpo così i fedeli in Cristo (cfr. 1 Cor 12,12). Anche nella struttura del corpo mistico di Cristo vige una diversità di membri e di uffici. Uno è lo Spirito, il quale per l'utilità della Chiesa distribuisce la varietà dei suoi doni con magnificenza proporzionata alla sua ricchezza e alle necessità dei ministeri (cfr. 1 Cor 12,1-11). Fra questi doni eccelle quello degli apostoli, alla cui autorità lo stesso Spirito sottomette anche i carismatici (cfr. 1 Cor 14). Lo Spirito, unificando il corpo con la sua virtù e con l'interna connessione dei membri, produce e stimola la carità tra i fedeli. E quindi se un membro soffre, soffrono con esso tutte le altre membra; se un membro è onorato, ne gioiscono con esso tutte le altre membra (cfr. 1 Cor 12,26).

Capo di questo corpo è Cristo. Egli è l'immagine dell'invisibile Dio, e in lui tutto è stato creato. Egli è anteriore a tutti, e tutte le cose sussistono in lui. È il capo del corpo, che è la Chiesa. È il principio, il primo nato di tra i morti, affinché abbia il primato in tutto (cfr. Col 1,15-18). Con la grandezza della sua potenza domina sulle cose celesti e terrestri, e con la sua perfezione e azione sovrana riempie delle ricchezze della sua gloria tutto il suo corpo (cfr. Ef 1,18-23) [7].

Tutti i membri devono a lui conformarsi, fino a che Cristo non sia in essi formato (cfr. Gal 4,19). Per ciò siamo collegati ai misteri della sua vita, resi conformi a lui, morti e resuscitati con lui, finché con lui regneremo (cfr. Fil 3,21; 2 Tm 2,11; Ef 2,6). Ancora peregrinanti in terra, mentre seguiamo le sue orme nella tribolazione e nella persecuzione, veniamo associati alle sue sofferenze, come il corpo al capo e soffriamo con lui per essere con lui glorificati (cfr. Rm 8,17). Da lui « tutto il corpo ben fornito e ben compaginato, per mezzo di giunture e di legamenti, riceve l'aumento voluto da Dio » (Col 2,19). Nel suo corpo, che è la Chiesa, egli continuamente dispensa i doni dei ministeri, con i quali, per virtù sua, ci aiutiamo vicendevolmente a salvarci e, operando nella carità conforme a verità, andiamo in ogni modo crescendo verso colui, che è il nostro capo (cfr. Ef 5,11-16 gr.).

Perché poi ci rinnovassimo continuamente in lui (cfr. Ef 4,23), ci ha resi partecipi del suo Spirito, il quale, unico e identico nel capo e nelle membra, dà a tutto il corpo vita, unità e moto, così che i santi Padri poterono paragonare la sua funzione con quella che il principio vitale, cioè l'anima, esercita nel corpo umano [8]. Cristo inoltre ama la Chiesa come sua sposa, facendosi modello del marito che ama la moglie come il proprio corpo (cfr. Ef 5,25-28); la Chiesa poi è soggetta al suo capo. E poiché «in lui abita congiunta all'umanità la pienezza della divinità » (Col 2,9), egli riempie dei suoi doni la Chiesa la quale è il suo corpo e la sua pienezza (cfr. Ef 1,22-23), affinché essa sia protesa e pervenga alla pienezza totale di Dio (cfr. Ef 3,19).

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[6] Cf. S. TOMMASO, Summa Theol. III, q. 62, a. 5, ad 1.

[7] Cf. PIO XII, Enc. Mystici Corporis, 29 giugno 1943: AAS 35 (1943), p. 208.

[8] Cf. LEONE XIII, Enc. Divinum illud, 9 maggio 1897: ASS 29 (1896-97), p. 650. PIO XII, Enc. Mystici Corporis, l.c. [nota prec.], pp. 219-220: Dz 2288 (3808) [Collantes 7.363]. S. AGOSTINO, Serm. 268, 2: PL 38, 1232, et alibi. S. GIOV. CRISOSTOMO, In Eph., Hom. 9, 3: PG 62, 72. DIDIMO D’ALESS., Trin. 2, 1: PG 39, 449s. S. TOMMASO, In Col. 1,18, lect. 5: ed. Marietti, II, n. 46: “Come un unico corpo viene costituito dall’unione con l’anima, così la Chiesa dall’unione con lo Spirito...”.

giovedì 7 aprile 2022

Per la Tre Sere a Sant'Antonio a Comiso/2

Ancora testi utili per chi non si stanca di voler conoscere. Per gli amici di Sant'Antonio da Padova di Comiso, iniziamo a vederci giorno 11!

Dal Vangelo secondo Giovanni, capitolo 20

 19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

mercoledì 6 aprile 2022

Per la Tre Sere a Sant'Antonio a Comiso/1

Testi utili per chi non si stanca di voler conoscere. Per gli amici di Sant'Antonio da Padova di Comiso, iniziamo a vederci giorno 11!

Dal Vangelo secondo Giovanni, capitolo 12

1 Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti2E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 3Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo. 4Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: 5«Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». 6Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. 7Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 8I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».
9Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. 10I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, 11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.