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domenica 20 aprile 2025

Giardino o sepolcro?

Premessa: è il 2023, e proprio uno o due giorni circa prima della domenica precedente a quella di Pasqua (quella in cui si legge la Passione del Signore; poi è anche quella in cui scout e varie altre persone si autofinanziano vendendo rametti d'ulivo e foglie di palme più o meno intrecciate), mi ammalo. Fino al venerdì santo escluso non esco. Ho però recuperato pochissimo la voce. Per questo scrivo l'omelia del venerdì santo e della veglia pasquale. La prima è qui: https://elefantesapiente.blogspot.com/2023/04/oggi-venerdi-santo.html?m=1, mentre la seconda è  qui sotto. Diciamo che sono collegate. Buona Pasqua di risurrezione in Cristo Gesù!

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“Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù” (Giovanni 20, 41-42).

Queste le ultime parole del brano del Vangelo secondo Giovanni ascoltato ieri durante la celebrazione della Passione del Signore.

Proviamo a entrare in questo giardino, ad occhi chiusi, delicatamente per ascoltarne le voci che da lontano nel tempo ancora riecheggiano in esso… Si sente ancora l’eco dei lavori di piantumazione:

“Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a Oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. […] Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse o lo custodisse” (Genesi 2, 8.15).

Sì, siamo dentro un giardino antico, ha l’età del creato, ha visto tutta la storia dell’umanità. Senza essere indiscreti, possiamo sentire i sospiri d’amore di cui è stato testimone:

“Dov’è andato il tuo amato,

tu che sei bellissima tra le donne?

Dove ha diretto i suoi passi il tuo amato,

perché lo cerchiamo con te?

L’amato mio è sceso nel suo giardino

Fra le aiuole di balsamo,

a pascolare nei giardini

e a cogliere gigli.

Io sono del mio amato

e il mio amato è mio;

egli pascola tra i gigli (Ct 6, 1-4).

Un ultimo sforzo, non apriamo ancora gli occhi. I sospiri si trasformano, adesso sono singhiozzi, è un pianto a dirotto. L’amore ha impresso la sua ferita mortale e la donna piange. Si chiama Maria, viene da Màgdala. Piange proprio vicino al sepolcro di Gesù. Non disturbiamo con parole vuote il suo dolore, così simile a tanti nostri dolori. Piangiamo con lei tutte le nostre lacrime d’amore, perché è l’amore che rende dolorosa l’assenza di chi amiamo e solo l’amore può confortare chi piange per amore.

Solo l’amore può riportare l’armonia nel creato che per amore Dio ha donato all’uomo perché lo amasse.

Solo l’amore può riportare insieme due innamorati che conoscono qual è il luogo delle loro anime che li unisce anche oltre la morte.

Solo l’amore può far piangere per la morte ed essere più forte di lei da far vivere per sempre chi è amato d’amore immortale.

“Donna, perché piangi? Chi cerchi?”, (Giovanni 20, 15) chiese l’Amore.

“Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo” (Giovanni 20, 15), rispose l’amata nella sua inquietudine per la morte dell’amato.

“Gesù le disse: -Maria!-. Ella si voltò e gli disse […]: -Maestro!-“ (Giovanni 20, 16).

Non guardare curioso i loro sguardi innamorati incrociarsi, segui gli occhi di Maria e fissa i tuoi in Gesù, lascia che pronunci il tuo nome e il giardino diventi il tuo giardino d’amore.

Non più la tomba di Gesù, ma il giardino della tua storia voluta da sempre dall’amore di Dio, in cui Gesù è custodito come seme perché germogli in te rendendoti figlio amato. Nonostante i peccati, nonostante le difficoltà dell’amore, nonostante ciò che spezza l’amore. Il seme, che è in te e che è lo Spirito di Gesù, è sempre pronto a germogliare chiamandoti per nome.

È così che Gesù ha agito e agisce: in te, in ogni uomo, nelle vicende piccole e grandi, semplici e terribili della storia umana.

Che da stasera, ancora una volta, è la storia dell’Amore Crocifisso e Risorto che ama e vince per noi!

Buona Pasqua del Signore Crocifisso e Risorto per amore!

venerdì 7 aprile 2023

Oggi, venerdì santo...

...è finita!

Anche se ti chiami Gesù di Nazaret e sei figlio di Giuseppe il carpentiere che raccontava di angeli vari inviati per il tuo concepimento e per farti nascere.

Anche se tua Madre è Vergine, senza peccato originale e ha parlato con l’arcangelo Gabriele.

Anche se sei Dio.

Tutto finisce, se decidi di diventare uomo, che per definizione prima del concepimento non esiste e con la morte ritorna a non esistere; se ti fai uomo ed entri nella storia, che è fatta di tempo che scorre inesorabilmente.

Anche se parli d’amore e compi gesti d’amore, come hai fatto Tu.

Dove sono ora i tuoi amati discepoli, i tuoi ciechi guariti, i tuoi sordi sanati, i tuoi lebbrosi purificati, i tuoi morti risuscitati?

Cosa ha insegnato agli adolescenti degli anni 70 e 80 la tragica conclusione di Love story?

Cosa ha trasmesso cantare dal 1977 in poi strofe come “E chissà se prima o poi/Se tu avrai compreso mai/Se ti sei voltata indietro/E chissà se prima o poi/Se ogni tanto penserai/Che io solo resto qui”; o dal 1993: “Chissà se tu mi penserai/Se con i tuoi non parli mai/Se ti nascondi come me/Sfuggi gli sguardi e te ne stai/Rinchiuso in camera e non vuoi/Mangiare/Stringi forte a te il cuscino/Piangi non lo sai/Quanto altre male ti farà la solitudine”?

E le coppie perfette che finiscono a lotte atroci in tribunali sulla pelle dei figli? E le malattie e le calamità che sembrano risucchiare nei loro buchi neri di sofferenza e angoscia proprio l’amore, a volte ancora fresco e tenero come i fiori nuziali o del battesimo, di un giovane matrimonio o di una giovane genitorialità?

Tutto finisce, anche l’amore!

Tutto finisce, anche il potere di chi Ti ha condannato a morte, quel Pilato che nel 36 d. C. scompare dai libri di storia senza lasciare più tracce di lui, richiamato a Roma per un ricorso (e Napoleone, Mussolini, Hitler, Stalin cosa saranno sempre più se non pagine ingiallite di storia?); anche i sotterfugi criminali della casta dei sommi sacerdoti che ti ha ostinatamente voluto crocifisso e che dopo qualche decennio, nel 70 d. C, con la distruzione del Tempio di Gerusalemme sparirà dalla vita del popolo ebraico, lasciandolo senza poter offrire più nulla a Dio.

È finita, Gesù!

Anche se noi come tutti gli anni abbiamo già organizzato i pranzi di Pasqua già per il giorno prima (abbiamo fretta… ci fa paura, troppa paura la morte. Non la sappiamo più nominare!), le uova di cioccolato, gli auguri, le gite e le abbuffate di pasquetta… è finita ognuna di queste cose prima che incominci, perché abbiamo il bisogno già di proiettarci verso l’altra (chi non ha già almeno un paio di idee per il 25 aprile, il primo maggio…?).

Mi manca il respiro se penso che 50 anni fa io non ero nemmeno un sogno di giovane donna che si immaginava mamma e fra 50 anni (o forse già fra un anno, un mese, un giorno) saranno finite tante, troppe realtà che vivo come se ci fossero e dovessero durare per sempre, la mia vita compresa. È questo strazio che ha vissuto tua Madre, questa oppressione che dai polmoni senz’aria come pugno violento giunge allo stomaco fino a diventare macigno sul cuore e in profondità artiglio e flagello che lacera l’anima?

È questo dolore che ha attraversato il cuore del tuo discepolo amato mentre ascoltava i tuoi rantoli sulla croce con i quali dicevi di aver sete? Come il nostro dolore assetato per l’assenza dei nostri nonni, genitori, amici la cui morte ci inquieta, ci rende gli occhi umidi e diventa presenza ingombrante di un vuoto alla bocca dello stomaco? Vuoto inquieto di amori, ancora una volta, spezzati e finiti…

È finita, Gesù!

Ma Tu, ostinato, mentre tutto finisce e si spezza, continui a creare legami d’amore: “Ecco tuo figlio… Ecco tua madre…” (Giovanni 19, 26.27).

Cos’è questo dare speranza ai mortali? Cos’è questo rilanciare la vita, gli affetti, i legami, gli amori a chi non riesce a viverli compiutamente? Perché prolungare ciò che farà soffrire e darà tormento? La tua ostinazione non è malvagità che illude gli uomini? Cosa pensi di compiere così?

“È compiuto”, Tu dici (Giovanni 19, 30), come i nostri antichi contadini siciliani maestri di giardini colorati di aranci e mandarini e limoni: “Cuncìu lu fruttu!” e ora lo possiamo spaccare e mangiare e godercelo come se fosse una passione d’amore!

“È compiuto”, Tu dici (Giovanni 19, 30), non: “È finita!”, come se il tuo essere spaccato sulla croce e mangiato nell’Eucarestia sia una passione d’amore che passa dall’albero alla bocca di chi lo mangia.

“È compiuto”, Tu dici (Giovanni 19, 30), per questo mentre muori ricrei legami d’amore che adesso non saranno più mortali frutti dei limiti umani perché potranno contare sul dono maturo del Tuo Spirito (Giovanni 19, 30).

“È compiuto”, Tu dici (Giovanni 19, 30), per questo ti fai seppellire in un giardino (Giovanni 19, 41), come seme già “cunciutu” dall’amore e dal perdono per la raccolta.

“È compiuto”, Tu dici (Giovanni 19, 30), lasciandoci increduli davanti alla gioia che niente finisce davvero se può maturare in Te, passando da inquietudine e dolore a pacificazione e amore, da male a bene.

“È compiuto”, Tu dici (Giovanni 19, 30), invitandoci a purificare lo sguardo e a vedere non il sepolcro nel giardino, ma il giardino che contiene il sepolcro, non la morte, ma le possibilità nuove che contiene il morire come seme in un giardino.

“È compiuto”, Tu dici (Giovanni 19, 30), inviandoci come maestra di questa purificazione la Maddalena.

“È compiuto”, Tu dici (Giovanni 19, 30), per sempre, una volta in più di ogni volta del nostro pensare che tutto finisce e del nostro dire che ormai è finita!

martedì 12 aprile 2022

Agli amici di Sant'Antonio di Comiso (e a chi passa di qua): appunti prima serata

Carissimi, qui di seguito gli appunti di ieri, quelli letti, quelli "detti" e quelli rimasti sulla carta. Sono solo appunti, non un testo vero e proprio ordinato e strutturato bene. Ma per chi vuole ripercorrere quanto ci siamo detti ieri e cogliere qualcosa che non è stata detta, questi appunti possono essere utili. Essendo appunti, qualcosa potrebbe essere imprecisa o bisognosa di precisazioni. Grazie a chi (chiunque legga questa pagina) mi farà notare qualcosa da correggere!

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1. Introduzione generale

§ Esercizi spirituali:

mettere in movimento la nostra dimensione spirituale;

noi siamo un corpo (materia) capace di Infinito.

Cioè non ci accontentiamo mai (per esempio, ogni giorno ricominciamo, nel bene o nel male), vogliamo capire le cose, non sopportiamo la menzogna e l’ingiustizia, ma sopportiamo per esempio il dolore nostro per il bene di chi amiamo e anche di chi non conosciamo.

Volontà, intelligenza, desiderio di verità e di bene… ecco l’apertura all’Infinito che coinvolge anche il corpo (la volontà è sostenuta dalle emozioni e sensazioni, l’intelligenza parte da quello che i nostri cinque sensi colgono).

Quindi, esercizi spirituali: mettere in movimento tutto quello che siamo per accogliere l’Infinito meglio di ieri.

Infinito: il massimo del bene, del vero, del giusto, anzi più del massimo, ciò che è Bene, Vero, Bello, Giusto… Dio, che ci ha fatti così proprio per incontrarci.

Noi diciamo di essere cristiani. Questi esercizi li facciamo per vivere meglio la Pasqua. Ovvero meglio incontrare il Dio che a Pasqua ne ha combinata una delle sue. Bene.

2. Introduzione particolare

§ Allora mettiamoci nella prospettiva di Gv 20, dal v. 19 e Lumen Gentium 7. 

Iniziamo con Gv 20.

Gesù è morto il venerdì, è passato il sabato, la mattina del primo giorno dopo il sabato è stato trovato vuoto il sepolcro, siamo arrivati alla sera del primo giorno dopo il sabato.

1. i discepoli sono insieme

2. Gesù venne e stette in mezzo e annuncia la Pace di Dio

3. Si fa riconoscere come il loro maestro, quello che è stato crocifisso.

4. Dona lo Spirito Santo perché continuino loro la missione che il padre aveva affidato a Gesù.

Possiamo dire che queste 4 cose sono Pasqua?

Allora dobbiamo mettere in moto queste 4 cose:

Siamo discepoli che cercano di esserlo “INSIEME”? (Capisco, voglio, come mi sento?)

Sappiamo “INSIEME” accogliere Gesù, lasciargli il ruolo di protagonista della nostra vita (personale e comunitaria)? (Capisco, voglio, come mi sento?)

Lo accettiamo, sostenendoci “INSIEME”, come Colui che agisce nella storia attraverso l’impotenza dell’Amore fino anche ad essere Amore Crocifisso? (Capisco, voglio, come mi sento?)

Accogliamo il dono dello Spirito “INSIEME” come impegno per continuare la missione di Cristo? (Capisco, voglio, come mi sento?)

È facile rispondere di sì. Ma fare gli esercizi non significa dirsi quanto si è bravi. Avete presente Rocky? Ogni film, deve allenarsi più delle altre volte per superarsi. Noi, lasciamo operare lo Spirito perché ci renda sempre più conformi a Gesù. Capisco, voglio, come mi sento? Questo “INSIEME” quali obiezioni mi provoca, qualunque sia il motivo per cui i discepoli, 2000 anni fa o oggi, siano insieme? Ecco, alla fine degli esercizi, dovremmo poter dire al Signore: “Abbiamo capito qualcosa in più per vivere la Pasqua, sappiamo cosa ci viene difficile, aiutaci tu in…” e dovremmo poter chiedere aiuti concreti.

Per capire ora un attimo meglio Gv 20 e cosa rappresenta:

c’è il nostro passato lì, la nostra prima volta in cui abbiamo scoperto Gesù, la nostra prima e tutte le altre conversioni (c’è sempre una comunità di qualche tipo che mi aiuta a scoprire Cristo Signore che opera nella mia vita);

c’è il nostro presente, perché magari siamo un po’ bloccati e arrugginiti (e per questo ci servono gli esercizi), ma se la fede non si è ancora spenta è perché viviamo dell’azione di Cristo, per mezzo dello Spirito, nella Chiesa;

c’è il nostro futuro, il Paradiso sarà definitivamente così, solo senza missione.

Farsi queste domande significa scuotersi nella nostra quotidianità, fatta del tran tran più o meno stressante di ogni giorno, è aiutarci a vicenda a vedere il Signore e a mescolare le nostre vite (cioè Gv 21, ma questo segnatelo e, almeno per adesso, leggetelo a casa voi). Farsi queste domande significa interrogarsi su di sé come persona in cammino nella Fede e sul proprio rapporto con il gruppo/movimento/associazione e, attraverso questo, la parrocchia tutta. Non solo: io insieme ai fratelli del movimento, ma io insieme ai fratelli del movimento insieme a tutta la parrocchia. Perché questa che sembra un’esagerazione?

§§ Altra prospettiva, allora, da tenere presente e che ci aiuta a capire l’insistenza su “INSIEME” e a continuare il cammino che state facendo insieme come comunità sul rapporto parrocchia/gruppi e movimenti: la Chiesa Corpo mistico di Cristo (Lumen Gentium 7)

La Chiesa è il popolo di Dio. Ma come ci ricorda il Concilio Vaticano II nella LG al n. 7, riprendendo il grande insegnamento del grande san Paolo (sono citati in un solo numero – in tutto la Lg arriva al n. 69 –  Gal 2 volte, 2 Cor, 1 Cor 7 volte, Rm 3 volte, Col 3 volte, Ef 7 volte, Filippesi, 2 Tm, per un totale di 25 citazioni), la Chiesa è anche il Corpo mistico di Cristo. “Insieme” significa come un solo corpo.

LG 7: "Per mezzo del battesimo siamo resi conformi a Cristo: « Infatti noi tutti « fummo battezzati in un solo Spirito per costituire un solo corpo » (1 Cor 12,13). [...] Partecipando realmente del corpo del Signore nella frazione del pane eucaristico, siamo elevati alla comunione con lui e tra di noi: « Perché c'è un solo pane, noi tutti non formiamo che un solo corpo, partecipando noi tutti di uno stesso pane» (1 Cor 10,17). Così noi tutti diventiamo membri di quel corpo (cfr. 1 Cor 12,27), «e siamo membri gli uni degli altri» (Rm 12,5)".

Ma ciò non significa conformismo e spersonalizzazione, (del singolo e del movimento) ma conformità a Cristo e scoperta sempre più profonda di se stessi in Cristo. Come san Paolo dice in Col 2, 19, da Gesù, «tutto il corpo ben fornito e ben compaginato, per mezzo di giunture e di legamenti, riceve l'aumento voluto da Dio». L’aver incontrato Gesù, cioè, trasforma la nostra vita da quella di un singolo a quella di una persona legata a Gesù e attraverso Gesù ad altri, anche sconosciuti, con i quali lo Spirito di Cristo, se lo lascio agire, mi compagina, cioè non mi lascia come un singolo foglio disperso, ma mi mette assieme ad altri fogli per essere, pagina dopo pagina, un libro che può essere letto, mi rende membro che fa bene al corpo e che riceve dal corpo.

Già questa visione di Chiesa ci porta a non assolutizzare nessuna forma di Chiesa (parrocchia, gruppo, movimenti… a modo loro, nessuno può dire: la Chiesa sono io, ma sono nella Chiesa, sono una delle tante espressioni del Corpo di Cristo che è la Chiesa) e ci porta oltre ogni confine, non perché li annulla (la parrocchia mi aiuta ad essere corpo di Cristo, il movimento di cui faccio parte pure), ma perché li valorizza aiutandomi a scoprire nell’insieme e nel particolare: l’insieme senza di me, senza la parrocchia, senza il movimento, senza la diocesi è più povero, il particolare che sono io, la parrocchia, il movimento, la diocesi senza l’insieme non riesce a capire chi è.

E questo perché… attenzione a un intrecciarsi di immagini… Dunque, Chiesa Corpo di Cristo. Ma noi abbiamo una realtà di fede che fin dal libro della Genesi è vista come unione di due che divengono uno. Qual è? Il matrimonio! E infatti se la Chiesa è una con Cristo tanto da essere il suo corpo, i padri del concilio non hanno avuto problemi a scrivere sempre al numero 7 della Lumen Gentium:

"Cristo inoltre ama la Chiesa come sua sposa, facendosi modello del marito che ama la moglie come il proprio corpo (cfr. Ef 5,25-28); la Chiesa poi è soggetta al suo capo. E poiché «in lui abita congiunta all'umanità la pienezza della divinità » (Col 2,9), egli riempie dei suoi doni la Chiesa la quale è il suo corpo e la sua pienezza (cfr. Ef 1,22-23), affinché essa sia protesa e pervenga alla pienezza totale di Dio (cfr. Ef 3,19)".

Cristo e la Chiesa universale, quindi anche io, vivono l’uno per l’altra, Sposo e Sposa, e Cristo non pretende che la sua sposa sia bella, ma le dona Lui la sua bellezza con i doni dello Spirito (carismi e ministeri, movimenti e associazioni, e coì via). Ora, o ci percepiamo come un harem, o tendiamo all’unità del corpo mistico per essere una sola cosa in Cristo nostro sposo.

Per estremizzare: non sono unito a Cristo se non sono unito agli altri membri della Chiesa, non solo come dono del Signore (che porterebbe a parrocchie e diocesi in cui ogni parrocchia, gruppo, movimento fa la sua parte anche bene, ma appunto resta parte e il corpo mistico sarebbe fatto da compartimenti stagni).

Capisco questa realtà che il Signore mi ha donato, la voglio far crescere in me, come mi sento al pensiero di dover rivedere parte della mia vita per lasciare che il Signore mi faccia vivere ancor di più il mio essere Corpo di Cristo? Vediamo se Maria di Betania e Giuda ci aiutano ad affrontare questa sfida di essere la Sposa Una del Cristo per formare in Lui e con Lui un solo corpo mistico.

§§§ Maria di Betania  e Giuda (Vangelo del giorno): elemento affettivo contro elemento razionalistico e utilitaristico. Spunti per approfondire. Potremmo dire (senza ancora domandarci cos’è parrocchia, lo faremo domani): lo stile tra cristiani quale deve essere per non tradire il proprio essere corpo di Cristo e quindi Chiesa?

Al centro c'è Cristo, secondo Maria/al centro, con la scusa di Cristo, tutto tranne Lui, secondo Giuda.

Maria di Betania: stile sponsale, relazionale, sempre in riferimento a Cristo

Sposa: Lavarsi i piedi (qui profumarli) a vicenda, sciogliere i capelli, sono segni d’intimità coniugale + rif a Cantico dei Cantici (profumo effuso: 1,3; un re preso dalle tue trecce: 7,6; 4, 9-10: tu mi hai rapito… i tuoi profumi più di tutti gli odori).

Maria di Betania, sorella di Lazzaro, è la creatura che risponde a Dio con amore, è la Chiesa che si lascia amare (fratello tornato in vita) e, grata, ama.

Se pensiamo a banchetto=festa insieme, cosa ne deduciamo? Che la vita della parrocchia dovrebbe essere questo accogliere insieme i doni di Gesù simboleggiati in resurrezione di Lazzaro (qualunque direzione prendano: vita quotidiana, cammini dei movimenti, bimbi che nascono e per cui si chiede il battesimo, presenza dei ragazzi e dei giovani e dei loro catechisti e animatori, dei poveri e degli operatori della carità), dove insieme significa che uno qualunque di questi doni è per la gioia di tutti e, quindi, tutti poi partecipiamo del gesto di Maria. Tutto viene da Cristo, tutto torna a Cristo.

Luogo primario: messa. Luogo organizzativo: Consiglio pastorale. (ci torneremo il terzo giorno)

Sposa-sposo, più che organizzatore di eventi anche sociali

Giuda: stile autoreferenziale e/o limitato

Ladro vero, ladro spirituale: togliere il profumo a Cristo significa togliere lo Sposo, togliere il significato e il senso dell’essere movimento e parrocchia e Chiesa, significa non capire i doni di Cristo e non far sbocciare l’amore (quello vero che unge i piedi, cioè s’impegna, si sacrifica, tocca la carne di chi ha bisogno di amore – direbbe papa Francesco – non vive di sensazioni o di rivendicazioni per le categorie senza giungere mai alle persone concrete).

Giuda giudica Maria di Betania, come spesso nella Chiesa giudichiamo chi vive la sequela in modo diverso da noi, senza capire che, essendo membra diverse, stiamo contribuendo a rispondere con la nostra specificità LIMITATA all’amore di Gesù. Solo “INSIEME” verrà fuori il profumo che si diffonde in tutta la casa.

Giuda pensa a fare buone azioni (riunioni, attività, corsi, formazione, gesti solidali, incontri di preghiera, veglie, liturgie, ecc), mentre Maria ama Gesù, cerca l’essenziale senza il quale tutte queste cose sono ottime cose dell’uomo verso l’uomo, non azioni della Sposa (umanità che accoglie Amore trasformante di Cristo) verso lo Sposo che è il livello pieno di relazione a cui Gesù vuole portare l’umanità, perché sia il Suo Amore perfetto a sanare l’imperfezione e i limiti dell’amore umano.


Maria fa sì che la vita nella casa sia piena del profumo dell’amore, la casa diventa la locanda (cfr Di Cristina, nota 1 in basso) dei discepoli di Emmaus e del buon Samaritano, diversa da sede di sindacato, onlus, centro sociale di Giuda (ottime cose, ma diverse per stile e per orizzonte rispetto alla parrocchia, che tende verso l’essere famiglia e che non può chiedere tessere di appartenenza a nessun partito o categoria sociale e non può attenzionare solo alcune sofferenze umane, bensì tutte).

L’Amore di Dio che genera amore di uomini è una cosa. Il pensiero degli uomini che genera un utile determinato da  quel pensiero è altro (il pensiero marxista cerca il bene del proletariato nella logica dell'utile per il proletario, anche se occorre lottare contro i proprietari e far scomparire la classe imprenditoriale. I cristiani, anche quando dovessero lottare, dovrebbero farlo senza creare nuove forme di risentimento, del ricco costretto a diventare povero per esempio, e sviluppando vita familiare attraverso una vera fraternità. Cfr Ezechiele Ramin).

Ora, queste che sembrano riflessioni poco centrate per il nostro tema (INSIEME), invece ci danno con chiarezza l'esempio di ciò che non deve fare un movimento in parrocchia: pensare al proprio utile credendo che sia il bene di tutti.

Se parto da Gesù e vedo la Chiesa come il Suo Corpo, nel quale anch'io sono inserito, allora anche io e il mio movimento abbiamo bisogno di Cristo e grazie al suo Amore per noi possiamo amare poi la Chiesa corpo di Cristo (per esempio la parrocchia).

Tra l'altro, c’è circolarità virtuosa tra Cristo e varie presenze di Cristo.

Cristo parla, mi accoglie, mi nutre, mi attende nei piccoli-poveri-ultimi che riconosco come Suoi se ho ascoltato Cristo, che accolgo e servo come farebbe Lui se ho lasciato che Cristo mi accogliesse e nutrisse, ho mangiato Cristo.

Cristo mi ama e io lo amo amando la Chiesa che fa risuonare la Parola di Cristo, mi genera come suo figlio inserendomi nel Corpo di Cristo, mi dona il Corpo di Cristo, è la Sposa di Cristo che io amo come la ama Cristo.

Con Maria, il profumo (che è ormai l’amore di Maria nato dall’amore di Gesù e tornato a Gesù come profumo prezioso, genuino, non ipocrita, vero) si diffonde, tutta la casa può godere di questo amore.

Con Giuda, 300 denari, aiuti 300 poveri per un giorno, 150 per due, 75 per 4, 15 poveri per venti giorni, 3 poveri per 100 giorni, oppure tra spese gestionali, pubblicità, compensi agli specialisti, non aiuti nessuno ma sei felice perché hai usato trecento denari per la solidarietà (scusate la provocazione, ma succede così quando un movimento eccleziale si ripiega in se stesso, alla fine rischia d’implodere).

§ Conclusione di oggi: stile sponsale tra cristiani porterebbe le eventuali parrocchie chiuse in se stesse ad aprirsi al territorio e ai gruppi/movimenti e diventare quanto diceva

GIUSEPPE SAVAGNONE, Comunità credenti nel mondo d’oggi, in Presbiteri. Rivista di spiritualità pastorale, 6, 6/2012, 418-419

«[Oggi] la parrocchia può offrire la sola cosa che la nostra società non è in grado di dare, uno spazio di senso e di comunicazione umana in cui ciascuno possa ritrovare se stesso in un’esperienza di autentica vita comunitaria.

Perché ciò accada, però, è necessaria una vera e propria conversione della struttura parrocchiale: da ‘stazione di servizio’ che elargisce riti e sacramenti, quale spesso si è ridotta ad essere, [cioè, con la scusa di Cristo, tutto tranne Cristo: festa familiare, occasione per i vestiti nuovi, per diventare compari-commari, per farci certi regali, tipo il cellulare, ecc. Questa nota tra parentesi è di Luca Tuttobene] essa dovrebbe diventare ambiente umano – e perciò anche cristiano – capace di richiamare chiunque, anche non credente, abbia nostalgia di una reale esperienza comunitaria, fondata sul dialogo sincero e sul rispetto reciproco. Sarà su questo terreno che la proposta evangelica potrà fiorire senza forzature.

La prima condizione per questo è che si instauri uno stile relazionale in cui ognuno possa essere quello che è, esprimendo il proprio pensiero – anche divergente – sapendo di essere ascoltato».

Io aggiungo: accolto, inserito in un progetto in cui insieme si realizza di più di ciò che si potrebbe realizzare da soli.

Significa, per i movimenti e le associazioni presenti in parrocchia, coltivare la loro spiritualità e la loro identità, all’interno di un cammino fatto “INSIEME” nella spiritualità di comunione di cui parlava Giovanni Paolo II in Novo Millennio Ineunte (Giovanni Paolo II, NMI 43. Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo) e accogliere almeno i numeri da 98 a 101 di Evangelii Gaudium di papa Francesco.

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Nota 1: S. E. Mons. SALVATORE DI CRISTINA, Lettera pastorale La nostra Chiesa accogliente, 8.10
“La parrocchia, locanda dell’accoglienza”
Ho preso volentieri a titolo di questo capitoletto un’espressione che mi è capitato di leggere in un articolo di rivista dedicato a un grande parroco italiano, don Primo Mazzolari . Indicare la parrocchia come locanda potrà sembrare un po’ dissacrante, specialmente se, come avviene più volentieri da noi, la parrocchia viene identificata con una chiesa, la chiesa parrocchiale appunto, invece che, com’è più corretto, con una porzione del popolo di Dio. Nella locanda – quando ancora esistevano – ci si incontrava tra amici, o almeno sapendo di potere incontrare persone accoglienti con cui scambiare quattro chiacchiere, anche alla buona, consumare un pasto e dove sarebbe stato possibile perfino trovare, in caso di bisogno, un alloggio per sé e per la famiglia. Nella locanda insomma si viveva per definizione l’accoglienza, anche se era priva di quella sala ovattata e ossequiosa che oggi negli assai più quotati hôtel si chiama reception.
Penso che le nostre parrocchie dovrebbero poter meritare di essere immaginate così. Luoghi di accoglienza, mai di esclusione; territori dove i credenti non considerino estranei i non credenti, e non facciano distinzione tra ricchi e poveri, intellettuali e incolti; dove essi stessi non siano mai reciprocamente estranei ma siano sempre pronti ad accogliersi con quella umana affabilità che la condivisione della stessa fede speranza e carità potrà rendere ancora di più trasparenza chiara di Dio. Penso perciò alle nostre parrocchie come a comunità fraterne.
[…] dobbiamo continuare a rendere sempre più capaci di esprimere accoglienza gli spazi di cui disponiamo. A fare in modo cioè che le chiese continuino ad essere belle e ad essere sentite sempre più come “case della chiesa-comunità”; che le sacrestie non... puzzino mai di sacrestia (né in senso proprio né in senso metaforico); che le case canoniche siano la casa nella quale tutti sanno che vi abita il parroco; che l’ufficio del parroco, nonostante il nome, sappia quanto meno possibile di burocratico; che i locali destinati alla catechesi dei piccoli non siano troppo simili alle aule scolastiche... Che tutti questi ambienti insomma sempre più vengano sentiti dalla comunità per quello che sono, certamente affidati alla custodia e all’attenzione amorevole del parroco, ma fondamentalmente patrimonio della comunità stessa, la parrocchia, capaci di rappresentare la sua faccia accogliente.
Sia dunque famiglia di famiglie ogni nostra parrocchia, e sia comunione di tutte le sue comunità di fedeli. Abbia forte il sentimento della sua appartenenza; non però quello di un’appartenenza chiusa e autoreferenziale, paga delle sue tradizioni, pur antiche e rispettabili, e del gruppo piccolo o grande dei volti amici. La sua appartenenza dovrà essere veramente “ecclesiale”: aperta cioè a tutte le urgenze pastorali di tutto intero il suo territorio ed aperta anche alle urgenze e bisogni delle altre eventuali parrocchie della medesima comunità cittadina. E la sua apertura non dovrà mai perdere dal proprio orizzonte vivo la diocesi e la Chiesa universale. Solo così il sentimento dell’appartenenza parrocchiale dimostrerà di essere fondato sulla partecipazione consapevole alla missione della Chiesa verso l’umanità. […]

venerdì 8 aprile 2022

Per la Tre Sere a Sant'Antonio a Comiso/3

Sempre più testi utili per chi non si stanca di voler conoscere. Per gli amici di Sant'Antonio da Padova di Comiso, iniziamo a vederci giorno 11!

Lumen Gentium (Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II sulla Chiesa) n° 7.

La Chiesa, corpo mistico di Cristo

7. Il Figlio di Dio, unendo a sé la natura umana e vincendo la morte con la sua morte e resurrezione, ha redento l'uomo e l'ha trasformato in una nuova creatura (cfr. Gal 6,15; 2 Cor 5,17). Comunicando infatti il suo Spirito, costituisce misticamente come suo corpo i suoi fratelli, che raccoglie da tutte le genti.

In quel corpo la vita di Cristo si diffonde nei credenti che, attraverso i sacramenti si uniscono in modo arcano e reale a lui sofferente e glorioso [6]. Per mezzo del battesimo siamo resi conformi a Cristo: « Infatti noi tutti « fummo battezzati in un solo Spirito per costituire un solo corpo » (1 Cor 12,13). Con questo sacro rito viene rappresentata e prodotta la nostra unione alla morte e resurrezione di Cristo: « Fummo dunque sepolti con lui per l'immersione a figura della morte »; ma se, fummo innestati a lui in una morte simile alla sua, lo saremo anche in una resurrezione simile alla sua » (Rm 6,4-5). Partecipando realmente del corpo del Signore nella frazione del pane eucaristico, siamo elevati alla comunione con lui e tra di noi: « Perché c'è un solo pane, noi tutti non formiamo che un solo corpo, partecipando noi tutti di uno stesso pane» (1 Cor 10,17). Così noi tutti diventiamo membri di quel corpo (cfr. 1 Cor 12,27), «e siamo membri gli uni degli altri» (Rm 12,5).

Ma come tutte le membra del corpo umano, anche se numerose, non formano che un solo corpo così i fedeli in Cristo (cfr. 1 Cor 12,12). Anche nella struttura del corpo mistico di Cristo vige una diversità di membri e di uffici. Uno è lo Spirito, il quale per l'utilità della Chiesa distribuisce la varietà dei suoi doni con magnificenza proporzionata alla sua ricchezza e alle necessità dei ministeri (cfr. 1 Cor 12,1-11). Fra questi doni eccelle quello degli apostoli, alla cui autorità lo stesso Spirito sottomette anche i carismatici (cfr. 1 Cor 14). Lo Spirito, unificando il corpo con la sua virtù e con l'interna connessione dei membri, produce e stimola la carità tra i fedeli. E quindi se un membro soffre, soffrono con esso tutte le altre membra; se un membro è onorato, ne gioiscono con esso tutte le altre membra (cfr. 1 Cor 12,26).

Capo di questo corpo è Cristo. Egli è l'immagine dell'invisibile Dio, e in lui tutto è stato creato. Egli è anteriore a tutti, e tutte le cose sussistono in lui. È il capo del corpo, che è la Chiesa. È il principio, il primo nato di tra i morti, affinché abbia il primato in tutto (cfr. Col 1,15-18). Con la grandezza della sua potenza domina sulle cose celesti e terrestri, e con la sua perfezione e azione sovrana riempie delle ricchezze della sua gloria tutto il suo corpo (cfr. Ef 1,18-23) [7].

Tutti i membri devono a lui conformarsi, fino a che Cristo non sia in essi formato (cfr. Gal 4,19). Per ciò siamo collegati ai misteri della sua vita, resi conformi a lui, morti e resuscitati con lui, finché con lui regneremo (cfr. Fil 3,21; 2 Tm 2,11; Ef 2,6). Ancora peregrinanti in terra, mentre seguiamo le sue orme nella tribolazione e nella persecuzione, veniamo associati alle sue sofferenze, come il corpo al capo e soffriamo con lui per essere con lui glorificati (cfr. Rm 8,17). Da lui « tutto il corpo ben fornito e ben compaginato, per mezzo di giunture e di legamenti, riceve l'aumento voluto da Dio » (Col 2,19). Nel suo corpo, che è la Chiesa, egli continuamente dispensa i doni dei ministeri, con i quali, per virtù sua, ci aiutiamo vicendevolmente a salvarci e, operando nella carità conforme a verità, andiamo in ogni modo crescendo verso colui, che è il nostro capo (cfr. Ef 5,11-16 gr.).

Perché poi ci rinnovassimo continuamente in lui (cfr. Ef 4,23), ci ha resi partecipi del suo Spirito, il quale, unico e identico nel capo e nelle membra, dà a tutto il corpo vita, unità e moto, così che i santi Padri poterono paragonare la sua funzione con quella che il principio vitale, cioè l'anima, esercita nel corpo umano [8]. Cristo inoltre ama la Chiesa come sua sposa, facendosi modello del marito che ama la moglie come il proprio corpo (cfr. Ef 5,25-28); la Chiesa poi è soggetta al suo capo. E poiché «in lui abita congiunta all'umanità la pienezza della divinità » (Col 2,9), egli riempie dei suoi doni la Chiesa la quale è il suo corpo e la sua pienezza (cfr. Ef 1,22-23), affinché essa sia protesa e pervenga alla pienezza totale di Dio (cfr. Ef 3,19).

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[6] Cf. S. TOMMASO, Summa Theol. III, q. 62, a. 5, ad 1.

[7] Cf. PIO XII, Enc. Mystici Corporis, 29 giugno 1943: AAS 35 (1943), p. 208.

[8] Cf. LEONE XIII, Enc. Divinum illud, 9 maggio 1897: ASS 29 (1896-97), p. 650. PIO XII, Enc. Mystici Corporis, l.c. [nota prec.], pp. 219-220: Dz 2288 (3808) [Collantes 7.363]. S. AGOSTINO, Serm. 268, 2: PL 38, 1232, et alibi. S. GIOV. CRISOSTOMO, In Eph., Hom. 9, 3: PG 62, 72. DIDIMO D’ALESS., Trin. 2, 1: PG 39, 449s. S. TOMMASO, In Col. 1,18, lect. 5: ed. Marietti, II, n. 46: “Come un unico corpo viene costituito dall’unione con l’anima, così la Chiesa dall’unione con lo Spirito...”.

giovedì 7 aprile 2022

Per la Tre Sere a Sant'Antonio a Comiso/2

Ancora testi utili per chi non si stanca di voler conoscere. Per gli amici di Sant'Antonio da Padova di Comiso, iniziamo a vederci giorno 11!

Dal Vangelo secondo Giovanni, capitolo 20

 19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

mercoledì 25 novembre 2020

Piove

Caro Raffaele, avevo iniziato questo ricordo col viso asciutto e il cuore pesante. Ma alla fine, lo sto concludendo (e aggiungendo queste righe iniziali), con la tristezza che trova lacrime per uscir via e un bonario sorriso sulle labbra: il fatto è che tanti ricordi sono impastati di scherzi e risate che, grazie a Dio, stemperano il dolore. Ero partito spinto dalla pioggia che un'oretta fa cadeva su Ragusa e mi sono ritrovato a chiederti preghiere e segni fatti di piatti di pasta... Prega per noi, caro Raffaele!

Piove come un'acquazzone estivo, ma il freddo intorno è quello dell'inverno.

Piove rumorosamente come una serata di festa in compagnia, ma il silenzio dentro è quello della solitudine.

Piove facendo respirare l'aria e inspiro, espiro, inspiro, espiro, ma la strana sensazione di naufragio non passa.

Anzi, da un paio d'ore scarse mi gira un po' la testa... naufrago e disorientato.

Alle medie imparai a memoria le parole di Carducci:

«sei ne la terra fredda

sei ne la terra negra

né il sol più ti rallegra

né ti risveglia amor».

So bene che adesso, invece, sei nella gioia del Sole che sveglia col Suo Amore da ogni freddo e oscurità. Sono io che faccio fatica a cambiare prospettiva nel modo di pensarti e nel modo di sentirti ancora vivo.

Tra tutte le buffonate che ti ho combinato (oggi parlando con un amico che tu conosci bene, è tornato alla mente il viaggio fino ad Assisi al ritmo di canzoni ovviamente trasformate e ricucite su di te), questo tuo farti prendere dal Covid e ritornare dall'ospedale dritto dritto nella tomba è il tiro mancino più riuscito: mettermi pesantemente e seriamente nella condizione di ripensare a me stesso e alle mie relazioni alla luce della Risurrezione come fatto che ora, in questo momento, avvolge te, interpella me.

Per una volta, sono io che non ci sto capendo granché: so che mi manca il sapere che tu sei ancora qui, a portata di mano, di riunione, di telefonata...

Scrivere, come sempre, mi fa bene. Ma prega perché non si addormenti in me questa possibilità di questo nuovo sentiero per meglio volerci bene e ritrovarci oggi in Cristo Risorto.

Prega per tutti! Ora che non tu sei da solo al primo piano del seminario, ma tutti noi siamo un po' più soli quaggiù sulla Terra, tocca a te non dimenticarti di quanti hanno bisogno delle tue preghiere. Santa Teresina ha scelto le rose come segno di consolazione per i suoi devoti. Se ti va, in memoria di quella rischiosa e buonissima spaghettata notturna, fra me e te va bene anche un piatto di pasta (non ti formalizzare sul tipo... mi impegno a fare discernimento!).

Sembra che abbia smesso di piovere... il sole illumina un palazzo che vedo in fondo dalla finestra della canonica, la prima che da sulla rotonda. Sembra quando finivamo un esame andato bene e ci sentivamo più leggeri...

venerdì 20 novembre 2020

Ciao, don Romolo!

L'altro giorno, forse per l'ennesima fake news, mi hai fatto riflettere. Tu in ospedale, io in canonica. Tu a dialogare con sorella morte (sarai riuscito a farle verbalizzare almeno un po' di rimorso per le paure e le ferite che provoca? Sarà riuscita a rivelarti senza farti soffrire troppo la sua luminosissima funzione di porta verso la Vita eterna?), io a mettere in mente qualche parola in fila.

Ho visto la tua vita (quel tratto potente che tutti conoscono e che ti identificava più di altri) e la tua risurrezione. Non due cose diverse, ma la tua vita che è risurrezione.

Oggi sarà pure appannato e poco incisivo, ma l'annuncio della risurrezione di Cristo ha plasmato la storia umana. Mi viene da chiedere come un evento che anche i teologi chiamano metastorico possa avere questo impatto nella vita dei popoli e questa potenza concreta e pratica.

Tu, come tutti quelli che ci credono davvero in Cristo risorto, siete la risposta. Si dice risurrezione e si pensa all'al di là e si torna ai fatti concreti dell'al di qua come se la cosa per ora non avesse a che fare con niente e nessuno. Ma per te (e per tutti quelli che ci credono davvero in Cristo risorto), risurrezione è stato il tuo amore, da te vissuto in particolare per quel segno visibile dell'amore invisibile di Cristo che le coppie e le loro famiglie sono.

La tua risurrezione in Cristo non è affare della fine del mondo o del Paradiso. Sei costantemente risorto quando ti donavi a chi cercava di scoprirsi coppia nel fidanzamento, a chi desiderava camminare come coppia nel matrimonio, a chi scoppiava ma non voleva arrendersi e buttare alle ortiche il legame vissuto. Sei vissuto da risorto ogni volta che tenacemente e come se fosse la prima volta tentavi di coinvolgere noi preti e di farci riflettere sulla bellezza dell'accompagnare mogli e mariti, genitori e figli. Sei stato risurrezione offrendo te stesso perché, accogliendoti come compagno di strada portatore della novità di Cristo Risorto, altri scoprissero di essere anche loro risurrezione.

Insomma, Romolo, vediamo se ci riesco senza giri di parole: chi crede in Cristo, non aspetta la risurrezione. Sa che è risurrezione, perché Cristo lo ha reso tale. Vive la risurrezione, perché Cristo vive in lui. Ogni coppia, ogni amico, ogni fedele, ogni conoscente che ti piangerà è segno che tu sei risorto, perché quello che tu hai donato loro è stato l'amore risorto di Cristo.

Grazie per tutto e per questa ennesima riflessione! Prega per me e tutto il nostro presbiterio e la nostra diocesi: possiamo credere e vivere davvero da risorti! E tu che ora hai completato la strada, prendici per mano quando giungerà il momento di completare la nostra.

Ciao!

P.S.: bussa al cuore del buon Dio, ora che puoi farlo da vicinissimo, e ricordaGli che a noi tutti (che avremmo voluto rivederti qui) piacerebbe riabbracciare Raffaele lungo le nostre strade terrene. E portagli anche il cestino pieno di preghiere che si trova a San Luigi ai piedi dell'altare: se ti dice che le conosce già, sii tenace come sempre e non demordere nel ricordarGliele!

È l'alba.../intro

In pochi secondi, senza clamore, la luce si fa più intensa e dal buio della notte germoglia il nuovo giorno. Non è tempo, questo della pandemia e della seconda ondata, per trovare letizia nel sole che sorge, fatto più scontato (ma, paradossalmente, sul quale non si può vincere una scommessa infinita) della storia. Non sai se il nuovo giorno sarà quello in cui ti contagi o il contagio che hai già preso si manifesterà, non sai quale notizia triste ti accompagnerà fino al momento di assopirti, non sai quali lacrime manifeste dovrai accogliere o gemiti inespressi dovrai intuire, non sai se avrai la forza per piangere con chi piange cercando di capire se la tua compagnia dovrà essere di presenza consolante o silenziosa...

Ma voglio ricordami chi sono, oggi. Voglio attingere a un dono che, purtroppo, dimentico. Voglio credere davvero che, da quasi duemila anni, ogni alba è il prolungamento di quel momento in cui la storia, per sempre, è diventata nuova, annunciatrice non più del tempo che diventa passato polverizzando ogni vita, ma del futuro che valorizza il presente e ogni vita rende speranza.

Un sepolcro è stato ritrovato vuoto. Nessuno ha rubato il cadavere. La speranza ha un fondamento: Gesù. La speranza ha una fonte: Gesù. La speranza ha una via: Gesù. La speranza ha una meta: Gesù (1).

Il sole è sorto, da pochi momenti non è più nascosto dalle case che, ad est, vedo dal balcone della canonica. In questo unico nuovo giorno, mai tramontato dopo che Cristo lo inaugurò con la sua risurrezione, posso vivere sperando, anche se tutto mi dice che è pazzia, contro ogni speranza (2).

Inizio andando a lavare un po' di roba depositata nel lavello (altrimenti, la quotidianità sfugge e la speranza diventa vana utopia).

P.S.: sistemando prima dell'alba un po' del mio eterno disordine, mi capita tra le mani un volumetto, Educhiamoci alla speranza. Risale al 2014, sembra risalga a un era storica lontanissima, mi sembra già il titolo una profezia (nel senso biblico (3): ciò che rivela l'irruzione di Dio nella storia, chiarificando chi siamo e facendoci scoprire la strada della vita personale e comunitaria), profezia attualissima che vale la pena riprendere in mano per non dare l'ultima parola all'ansia, all'angoscia, alla paura, alla tristezza, al bisogno frustrato di una vita pre-covid che aveva smarrito la bellezza degli abbracci, delle strette di mano, dello stare insieme per godere dello sguardo degli altri... Non so se ci riuscirò, ma spero ogni giorno di trascriverne un piccolo paragrafo, per tornare ad educarci alla speranza. 

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(1): vale la pena rileggere queste parole.

(2): Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 4, 18-25: [Abramo] credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: Così sarà la tua discendenza19Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo – aveva circa cento anni – e morto il seno di Sara. 20Di fronte alla promessa di Dio non esitò per incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, 21pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. 22Ecco perché gli fu accreditato come giustizia. 23E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato24ma anche per noi, ai quali deve essere accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, 25il quale è stato consegnato alla morte a causa delle nostre colpe ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.

(3): interessante articolo.