sabato 6 giugno 2020

Cronaca dalle lande sospese/3


Capisco tutto, l'isolamento, lo stress della vicinanza continuata dentro appartamenti di certo non immensi, la difficoltà della didattica a distanza e tutto, ma proprio tutto, anche tutti i risvolti di tutti gli autoinganni di tutti gli individui della nostra società, i miei compresi. E quindi capisco anche una cosa: abbiamo un problema, gravissimo, immenso, peggiore di un virus che stermini nove decimi di umanità e di una crisi economica che affami fino alla scomparsa l'altro decimo. Questo problema si chiama "mancanza di cultura" (una qualunque, di destra, di sinistra, di centro, antica, moderna, post-qualunque cosa...), per gli amici "orizzonti esistenziali limitati", tecnicamente "visione della vita senza visione". Certo, non posso aspettarmi in fila per entrare dove posso comprare qualcosa che mi serve di sentir discettare di profondi argomenti di alte questioni morali o politiche o scientifiche o di chissà cos'altro ancora... (ma non è da rimpiangere un tempo ante-televisione in cui, in Toscana, "il popolo e gli artigiani conoscevano a memoria ampi stralci dell’Inferno, che veniva letto ritualmente, la sera, intorno al focolare, prima che arrivasse la televisione"?). Però... quanta voglia di dar ragione a Platone a proposito dei filosofi e dei genitori ("Manderanno via, risposi, in campagna, tutti i cittadini che abbiano compiuto i dieci anni; ne prenderanno i figlioli sottraendoli all’influsso degli odierni costumi, che sono pure quelli dei genitori, e li alleveranno secondo i loro modi e leggi, che sono quelli da noi esposti prima" - Repubblica VII, 540e-541a), se un libro per le vacanze è un oggetto simbolo del "burdello" (quaedam mater dixit, non ego) che la didattica a distanza ha rappresentato durante la pandemia. Che la diplomiamo a fare la gente (ne sono presuntuosamente sicuro che siano diplomati, i due genitori che lamentavano il fato avverso e la sorte nemica ai loro due sublimi figli studenti) se poi il massimo che sanno offrire ai figli è una vita piatta in cui studiare, leggere, interrogarsi non è mai sinonimo di crescita mentale, nutrimento dell'interiorità, sviluppo di curiosità per la realtà, maturazione del senso critico, strumento per divenire persone migliori?

Perdonate lo sfogo, ma oggi credo si sia riaperta un'antica ferita. Niente, è passata, tutto a posto... continuiamo a scivolare nel baratro dolcemente convinti che le ombre che vediamo siano quello che la nostra immensa intelligenza individuale ha partorito come verità assoluta (chiedo anche scusa se ogni tanto ho qualche ricordo, magari sbagliato, di ciò che ho studiato. Mi ostino a non voler ingerire, cioè volevo dire ho dimenticato dove ho messo la blue pill).

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